<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3161&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161208072653</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3161&oldid=-20161208072653
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3161 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 217modifica] udir parlare delle cose proprie, e riguardando ciascheduno la infelicità come propria sua cosa, e dilettandosi gli uomini singolarmente di quelli che loro piú si assomigliano, né potendosi trovar somiglianza piú universale che quella della infelicità, e compiacendosi ciascheduno di vedere in altrui o di legger ne’ poeti i suoi propri sentimenti, e contando per somma ventura ogni volta ch’egli incontra o nella vita o ne’ libri qualche notabile conformità o di casi o di circostanze o di opinioni [p. 218modifica]opinionio di carattere o di pensieri o d’inclinazioni o di modi o di vita e abitudini, colle sue proprie; e consolandosi ciascheduno delle sue sventure coll’esempio vivamente rappresentato, e piú col vederle quasi celebrate e piante in altrui (e ciò in soggetto e circostanze e persone e avvenimenti illustri, come son quelli cantati ne’ poemi epici), innalzando il concetto di se stesso, quasi il canto del poeta avesse per soggetto la di lui stessa infelicità, ed intenerendosi nella lettura quasi sui propri mali. Ché in verità qualora leggendo i poeti (versificatori o prosatori) o le storie noi ci sentiamo