Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3162
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commuovere da quelle vere o finte calamità, e ci lasciamo andare alle lagrime, crediamo forse di piangere le miserie altrui, ma piú spesso e piú veramente, o piú intensamente, piangiamo in quel medesimo punto le nostre proprie, o mescoliamo il pensiero di queste al pensiero di quelle, e questa mescolanza (ch’é vera e propria e debita arte, e dev’essere scopo del poeta l’occasionarla) è principal cagione di quelle nostre lagrime. E ci accade allora (e cosí ne’ teatri ec.) come ad Achille piangente sul capo di Priamo il suo vecchio padre e la breve vita a se destinata ec. ec., sublimissimo e bellissimo e naturalissimo quadro di Omero. Le sventure, quando sieno nazionali, o in altra maniera piú particolarmente appartenenti ai lettori, interesseranno sempre piú, per la maggior somiglianza e prossimità, che non è quella dello sventurato in generale, e perché sarà tanto piú facile e pronto il passaggio dell’animo del lettore da quelle calamità alle sue proprie ec. Onde sarà sempre importantissimo che il soggetto del poema sia nazionale, e questi soggetti saranno sempre preferibili agli altri, e la nazionalità conferirà moltissimo all’interesse.
Venendo oramai a ristringere il mio discorso, dico che l’Iliade, benchè, oltre al non esser noi greci, sieno corsi, da ch’ella fu scritta o cantata, ben ventisette ventisettesecoli, con tutte quelle innumerabili e sostanzialissime diversità che sí lungo tratto di tempo ha portato allo spirito ed alle circostanze esteriori