<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3140&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161204091819</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3140&oldid=-20161204091819
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3140 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 205modifica] maggiori, in guerra, per loro giusta e con giusta causa (cioè la vendetta di [p. 206modifica]Patroclo), e a mescolare i loro lamenti con quelli di Andromaca e della desolata città nemica, già vicina all’ultima calamità, che, per cosí dire, le loro proprie armi o i loro proprii eserciti gli avevano infatti recata. Sublimissimo effetto concepito, disegnato e prodotto da Omero in tempi feroci e semibarbari, e non saputo concepire né produrre da verun altro epico in tempi civili. Perocché, temendo di raddoppiar l’interesse (ch’era appunto ciò che avevano a fare, e senza il che non era possibile quel divino effetto), evitarono espressamente e studiosamente di fare in modo che la parte nemica o alcun personaggio di essa riuscisse piú che tanto virtuoso o per qualunque lato interessante sino al fine. E maggiormente si guardarono di sempre ugualmente condurre e in ultimo annodare le fila della loro epopea tanto all’esito