[p. 82 modifica] e altresí il giovane sventurato, è meno scontento dell’esser suo, della sua condizione, della sua fortuna durante l’inverno che durante la state; meno impaziente dell’uniformità e della noia, meno impaziente delle sventure, meno renitente alla sorte e alla necessità, piú rassegnato, meno gravato della vita, piú sofferente dell’esistenza, e quasi riconciliato talvolta con esso lei, quasi lieto; meno incapace di concepire come si possa vivere e di trovare il modo di passare i suoi giorni: o almeno tutte queste disposizioni sono in lui piú frequenti o piú durevoli nell’inverno che nella state; e spesso abituali in quella stagione, laddove in questa non altro mai che attuali. Ed anche il giovane abitualmente disperato di se e della vita si riposa della sua disperazione durante l’inverno, non che egli speri piú in questo tempo che negli altri, ma non prova o prova meno efficace il senso di quella disperazione che radicalmente non può abbandonarlo. Cioè intermette