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*   Alla p. 283 aggiungi. L’uomo non si avvede mai precisamente del punto in cui egli si addormenta, per quanto voglia proccurarlo. Ora il sonno non è il fine della vita, ma certo un interrompimento e quasi un’immagine di esso fine, e se l’uomo non può sentire il punto in cui le sue facoltà vitali restano come sospese, molto meno quando sono distrutte. Forse anche [p. 370 modifica]si potrà dire che l’addormentarsi non è un punto, ma uno spazio progressivo piú o meno breve, un appoco appoco piú o meno rapido; e lo stesso si dovrà dir della morte. Di piú è certo che i momenti i quali precedono immediatamente il sonno, e il punto o lo spazio dell’addormentarsi definitivamente, sebbene impercettibile, sono dilettevoli. Questo, quando anche la cagione del sonno, come il languore, il travaglio, la malattia, la semplice debolezza, non siano dilettevoli, anzi l’opposto; e però i momenti piú lontani dal sonno siano penosi. Anzi anche il letargo proveniente da infermità, anche mortale, è dilettevole. Che il torpore sia dilettevole, l’ho notato già in questi pensieri nella teoria del piacere e assegnatane la ragione. Credo che su questo fondamento il napoletano Cirillo abbia opinato che la morte abbia un non so che di dilettevole. Nel che sono interamente con lui e non dubito che l’uomo (e qualunque animale) non provi un certo conforto e un tal qual piacere nella morte. Non già che le cagioni di lei, e perciò i momenti piú lontani da lei, siano dilettevoli; ma sibbene i momenti che la precedono immediatamente e quello stesso punto o spazio impercettibile e insensibile in cui ella consiste. E ciò in qualunque malattia, anche nelle acutissime, nelle quali il Buffon pare che convenga che la morte possa esser dolorosa. Anzi il torpore della morte dev’esser tanto piú dilettevole, quanto maggiori sono le pene che lo precedono, e da cui esso per conseguenza ci libera. Quanto alle malattie dove l’uomo si estingue appoco appoco e con piena conoscenza fino all’ultimo, è certo che non v’è momento così immediatamente vicino alla morte, dove l’uomo anche il meno illuso non si prometta un’ora almeno di vita, come si dice de’ vecchi ec. E così la morte non è mai troppo vicina al pensiero del moribondo, per la solita misericordia della natura. Vedi p.599, capoverso 2. E però generalmente e sempre il torpore della morte dev’essere piú