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[p. 370 modifica] Cirillo abbia opinato che la morte abbia un non so che di dilettevole. Nel che sono interamente con lui e non dubito che l’uomo (e qualunque animale) non provi un certo conforto e un tal qual piacere nella morte. Non già che le cagioni di lei, e perciò i momenti piú lontani da lei, siano dilettevoli; ma sibbene i momenti che la precedono immediatamente e quello stesso punto o spazio impercettibile e insensibile in cui ella consiste. E ciò in qualunque malattia, anche nelle acutissime, nelle quali il Buffon pare che convenga che la morte possa esser dolorosa. Anzi il torpore della morte dev’esser tanto piú dilettevole, quanto maggiori sono le pene che lo precedono, e da cui esso per conseguenza ci libera. Quanto alle malattie dove l’uomo si estingue appoco appoco e con piena conoscenza fino all’ultimo, è certo che non v’è momento così immediatamente vicino alla morte, dove l’uomo anche il meno illuso non si prometta un’ora almeno di vita, come si dice de’ vecchi ec. E così la morte non è mai troppo vicina al pensiero del moribondo, per la solita misericordia della natura. Vedi p.599, capoverso 2. E però generalmente e sempre il torpore della morte dev’essere piú [p. 371 modifica]grato di quello del sonno, perché succede a molto maggior travaglio. Il qual sonno, come ho detto, non è mai penoso, quando anche sia cagionato da pene, anche da angoscie vive, come da febbre ardente ec. Io bene spesso trovandomi in gravi travagli o corporali o morali, ho desiderato non solamente il riposo, ma la mia anima senza sforzo, e senza eroismo, si compiaceva