<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2888&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161007113244</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2888&oldid=-20161007113244
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2888 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 57modifica] ad ogni usata norma di derivazione, sí per la forma materiale comparata dei detti verbi e del detto aggettivo, sí per la ragione grammaticale, analogia, ec. che in tal derivazione niuna si troverebbe. Che poi aptus venga da aptare, (come Perticari credeva che arso venisse da arsare: vedi p. 2688) sarà anche meno verisimile a quelli che avranno ben considerata la nostra teoria della formazione de’ verbi in tare da’ participii in tus, dichiarata ed esposta e provata con tanti esempi. A tutti i quali parrà molto piú probabile che aptare sia un continuativo fatto da un participio in tus ec. che [p. 58modifica]non può esser se non aptus (il quale, come ho detto, ha tutto quanto del participio) e questo da apo ec. Che aptus sia sincope di aptatus, il qual participio esiste, ed è ben diverso da aptus, è cosí credibile come che jactus di jacio sia sincope di jactatus participio di jactare, e altri tali spropositi, molti de’ quali sono stati detti e creduti per non aver posto mente alla formazione de’ verbi ec., che noi illustriamo (4 luglio 1823).