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(2886-2887-2888) | pensieri | 57 |
Scrittori del Trecento, e Giordani nella Lettera a Monti, vol. II, par. 1, della Proposta, sopra la voce fastus ec. Del resto da (2887) nixus di nitor (che forse non è differente da nictus per niuna ragione grammaticale, ma per sola diversità di pronunzia) si fa altresí il suo continuativo, cioè nixor aris1 (3 luglio 1823).
* Alla p. 2883. Se ad alcuno non paressero sufficienti le testimonianze che si hanno dell’esistenza ell’antico verbo apo, consideri che sí la forma estrinseca sí la significazione vera e propria e il primitivo uso di aptus sono al tutto di participio. E se aptus è participio, dovrà esser participio di apo o d’altro tal verbo, quale ch’essi vogliano, dal qual verbo dovrà esser venuto ἅπτειν e aptare. Se non vogliono che aptus sia participio, sarà pur sempre incontrastabile che apto sia stato fatto da aptus. E se questo è, dunque ἅπτειν, ch’é lo stesso che apto, sarà pur venuto da aptus, o se non altro da una radice simile a questa, la quale sarà stata nella lingua madre della greca e della latina, e conservatasi nella latina, cioè nell’aggettivo aptus, si sarà perduta nella greca. Che aptus venga da ἅπτειν o da ἅπτεσJαι, come vuol Servio un aggettivo da un verbo, è fuor d’ogni verisimiglianza, perché è contrario (2888) ad ogni usata norma di derivazione, sí per la forma materiale comparata dei detti verbi e del detto aggettivo, sí per la ragione grammaticale, analogia, ec. che in tal derivazione niuna si troverebbe. Che poi aptus venga da aptare, (come Perticari credeva che arso venisse da arsare: vedi p. 2688) sarà anche meno verisimile a quelli che avranno ben considerata la nostra teoria della formazione de’ verbi in tare da’ participii in tus, dichiarata ed esposta e provata con tanti esempi. A tutti i quali parrà molto piú probabile che aptare sia un continuativo fatto da un participio in tus ec. che