<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2742&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205205813</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2742&oldid=-20151205205813
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2742 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 407modifica] caratteri dell’alfabeto, destinato ad esprimere in qualunque caso quel tal suono: ma destinato a ciò non primitivamente, né nella prima invenzione o adozione dell’alfabeto greco e nella prima enumerazione de’ suoni elementari di quella lingua o della favella in genere; ma per comodità di quelli che già si servivano da gran tempo del detto alfabeto. Di modo che si può dire che questo carattere non sia figlio del suono ch’esso esprime, come lo sono quelli ch’esprimono i suoni elementari, ma figlio di due caratteri preesistenti nell’alfabeto greco, e quindi quasi nepote del suono che per lui è rappresentato. La grammatica e le regole dell’ortografia ec. non esistevano ancora. Venute poi queste, e prendendo prima di tutto ad esaminare e stabilire l’alfabeto nazionale, trovato questo [p. 408modifica]nesso già padrone dell’uso comune, e sottentrato in luogo di carattere distinto e non doppio