<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2634&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205204707</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2634&oldid=-20151205204707
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2634 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 346modifica] allo scrittore o parlatore si riduceva sotto pochi elementi e procedeva da pochi principii ossia radici, e quindi era molto piú facile ad impararlo ed impratichirsene, che se esso, senza essere niente maggiore, avesse contenuto tutta la lingua, ma fosse proceduto da piú numerose e diverse radici. Tutte queste circostanze, siccome quelle notate nel pensiero precedente, [p. 347modifica]precedente, non si trovavano nella lingua latina, che, meno ricca della greca, era però per la sua ricchezza piú difficile a scrivere e a parlare che la greca non fu, perché la ricchezza, ancorché minore, della latina, bisognava averla tutta in contanti, a volere scrivere e parlar latino, e massimamente a farlo bene. E l’orecchie latine erano delicatissime come le francesi, circa il vero e