<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2551&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150907140032</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2551&oldid=-20150907140032
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2551 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 302modifica] da tutta la quistione. E si conclude ch’essendo all’uomo piú giovevole il non patire che il patire, e non potendo vivere senza patire, è matematicamente vero e certo che l’assoluto non essere giova e conviene all’uomo piú dell’essere, e che l’essere nuoce precisamente all’uomo. E però chiunque vive (tolta la religione) vive per puro e formale error di calcolo: intendo il calcolo delle utilità. Errore moltiplicato tante volte quanti [p. 303modifica]sono gl’istanti della nostra vita, in ciascuno de’ quali noi preferiamo il vivere al non vivere. E lo preferiamo col fatto non meno che coll’intenzione, col desiderio, e col discorso piú o meno espresso, piú o meno tacito ed implicato della nostra mente. Effetto dell’amor proprio ingannato, come in tante altre cattive elezioni ch’egli fa considerandole sotto l’aspetto di bene, e del massimo bene che gli convenga in quelle tali circostanze.