[p. 302 modifica] immutabile e perpetua che l’uomo in qualunque condizione della vita, anche felicissima secondo il linguaggio comune, non lo può provare, giacché, come ho dimostrato altrove, il piacere è sempre futuro e non mai presente. E come, per conseguenza, ciascun uomo dev’essere fisicamente certo di non provar mai piacere alcuno in sua vita, cosí anche ciascuno deve esser certo di non passar giorno senza patimento, e la massima parte degli uomini è certa di non passar giorno senza patimenti molti e gravi, ed alcuni son certi di non passarne senza lunghissimi e gravissimi (che sono i cosí detti infelici; poveri, malati insanabili ec. ec). Ora io torno a dimandare qual cosa sia migliore, se il patire o il non patire. Certo il godere, fors’anche il godere e patire sarebbe meglio del semplice non patire, (giacché la natura e l’amor proprio ci spinge e trasporta tanto verso il godere, che c’è piú grato il godere e patire, del non essere e non patire, e non essendo non poter godere) ma, il godere essendo impossibile all’uomo, resta escluso necessariamente e per natura