<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2534&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203605</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2534&oldid=-20151205203605
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2534 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 294modifica] tanto gl’infimi quanto i sommi era la lirica petrarchesca, cioè trecentistica, non cinquecentistica. E gli scrittori piú grandi in ogni altro genere o prosaico o poetico divenivano famosi principalmente pe’ loro sonetti e canzoni petrarchesche che si divulgavano come un lampo per l’Italia, si trascrivevano subito, si domandavano, erano il trattenimento delle dame, e queste ne chiedevano ai letterati e i letterati se ne chiedevano scambievolmente e ne ricevevano e restituivano con proposte e risposte ec. E senza questi versi difficilmente s’arrivava alla riputazion di letterato. Osservate, per non allontanarmi dall’esempio piú volte addotto, il Caro, le cui rime sono la sola cosa che di lui non si legga piú. Aveva il Caro grandissima fama, ma [p. 295modifica]dalle sue lettere vedrete che questa riposava essenzialmente e soprattutto nell’opinion ch’egli avea di poeta (che nol fu mai), e