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[p. 343 modifica] l’intento; il Papa giudicò di non potere ottenerlo fuorché colla distruzione di quel luogo. Dice Cicerone che [p. 344 modifica]si devastano e distruggono le città nemiche, ma che, se distruggiamo le nostre proprie, ci caviamo gli occhi di nostra mano.


*   Alla tirannia fondata sopra l’assoluta barbarie superstizione e intera bestialità de’ sudditi giova l’ignoranza e nuoce definitivamente e mortalmente l’introduzione dei lumi. Perciò Maometto con buona ragione proibí gli studi. Alle tirannie esercitate sopra popoli inciviliti fino a un certo punto, fino a quel mezzo nel quale consiste la vera perfezione dell’incivilimento e della natura, l’incremento e propagazione dei lumi, delle arti, mestieri, lusso ec., non solamente non pregiudica, ma giova sommamente, anzi assicura e consolida la tirannia; perché i sudditi da quello stato di mediocre incivilimento, che lascia la natura ancor libera e le illusioni e il coraggio e l’amor di gloria e di patria e gli altri eccitamenti alle grandi azioni, passa all’egoismo, all’oziosità riguardo all’operare, all’inattività, alla corruttela, alla freddezza, alla mollezza ec. La sola natura è madre della grandezza e del disordine. La ragione tutto all’opposto. La tirannia non è mai sicura se non quando il popolo non è capace di grandi azioni. Di queste non può esser capace per ragione, ma per natura. Augusto, Luigi XIV ed altri tali mostrano di aver bene inteso queste verità (28 settembre 1820).