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(250-251-252) | pensieri | 343 |
* Una prova evidente e popolare, frequente nella vita e giornaliera, che il piccolo è considerato come grazioso, si è il vezzo dei diminutivi che si sogliono applicare alle persone o cose che si amano o si vogliono vezzeggiare, pregare, addolcire, descrivere come graziose ec. E cosí al contrario, volendo mettere in ridicolo qualche persona o cosa tutt’altro che graziosa, se le applica il diminutivo, perché la renda ridicola colla forza del contrasto. Quest’uso è cosí antico (251) (nel latino, greco ec.) e cosí universale oggidí, che si può considerare come originato dalla natura e non dal costume o dalla proprietà di questa o quella lingua. E i francesi, che non hanno se non pochissimi diminutivi, nei casi detti di sopra fanno grand’uso di questi pochissimi, o suppliscono col petit, dimostrando che l’inclinazione ad attribuire ed esprimer piccolezza in quelle tali circostanze, non è capriccio o assuefazione, ma natura ed effetto di un’opinione innata che la piccolezza sia quasi compagna della grazia e piacevolezza, cose ben distinte dalla bellezza, colla quale non ha che fare questo attributo. E nello stesso modo, volendo ingiuriare, dipingere come sgraziato, discacciare, ec. ec. qualunque persona o cosa, si adopera l’accrescitivo; e in genere l’accrescitivo par che sempre tolga grazia al soggetto, anzi sia l’opposto della grazia e piacevolezza (22 settembre 1820).
* Bonaparte per isnidare i malandrini da una contrada di Parigi v’introdusse i giullari e i giocolieri per richiamarvi il popolo e frequentarla (Vedi lady Morgan, France, liv. 5, principio). Il Papa, alcuni mesi addietro, per isnidare i malviventi da Sonnino, luogo di loro rifugio nei confini del suo stato verso Napoli, decretò la distruzione di quel paese. Bonaparte popolò il nido dei ladroni per cacciarneli e ottenne (252) l’intento; il Papa giudicò di non potere ottenerlo fuorché colla distruzione di quel luogo. Dice Cicerone che