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[p. 331 modifica] natura o acquistato dalla disgrazia una dolcezza e mansuetudine di carattere, almeno apparente. E questo deve servir di regola ai poeti ed artisti nel formare i personaggi che si vogliono compassionevoli. Sebbene l’eroismo e il disprezzo del male che si soffre possa ancora produrre un buon effetto, contuttociò relativamente al muover la compassione non c’é miglior qualità della sopraddetta, qualità la quale io so per esperienza che si acquista quasi per forza coll’uso delle sventure, non ostante che naturalmente fossimo dominati dalla qualità contraria. [p. 332 modifica] *   Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita. Perché la prosperità, abbagliando e distraendo l’intelletto, è madre e conservatrice d’illusioni, e la sventura dissipatrice degli inganni e introduttrice della ragione e della certezza del nulla delle cose. E uno sventurato che non ha goccia di sentimento, che non arriva a sublimare un istante l’anima sua colla considerazione dei mali, che non ha acquistato nelle sue parole, almeno quando parla di se, niente di eloquenza e di affetto, che non mostra una certa grandezza d’animo, non per disprezzare, ma per nobilitare la sua sventura