<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1639&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20141112171547</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1639&oldid=-20141112171547
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1639 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 281modifica] pianeti), sí in altri sconosciuti, ed ugualmente possibili e verisimili. Da tutto ciò resta spiegata la differenza fra la legge che corse prima di Mosè, quella di Mosè, e quella di Cristo. Tutti dicono che il cristianesimo ha perfezionata la morale ciò stesso vuol dire ch’ella non è dunque innata). Mutiamo i termini. Non l’ha perfezionata ma rinnovata, cioè perfezionata solo relativamente allo stato in cui la società umana era ridotta, e da cui, quanto al sostanziale, non poteva piú tornare indietro, come non ha fatto. Allora divenne conveniente la nuova morale, ossia la legge di Cristo, legge che doveva essere perpetua per la detta ragione; legge che ha fatto illecito realmente ciò che prima era lecito, e viceversa, come agevolmente si può vedere confrontando i costumi naturali di qualsivoglia o uomo isolato o società, e degli Ebrei prima di Mosè, con la legge contenuta nel Pentateuco, e questa e quelli con la legge del Vangelo. Giacché queste due leggi non si restringono di gran lunga al Decalogo, il quale intanto è rimasto immutabile, in quanto contenendo i [p. 282modifica]primissimi