Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1565

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[p. 235 modifica] sommamente sulla nazione e determini il suo carattere, essendo dispotica (benché dipendente) padrona del suo bene e del suo male.

L’individuo, dico, o gl’individui potenti, siccome gli altri, non sono né possono essere virtuosi se non a caso, cioè o quando la virtú giovi loro (cosa rara, perché a chi ha in mano le cose altrui giova il servirsene e non l’astenersene ec. ec. ec.), o quando una straordinaria qualità di carattere, di educazione ec., ve li porti, del che vedete quanto sieno frequenti gli esempi nelle storie, massimamente moderne. [p. 236 modifica]L’individuo non è virtuoso, la moltitudine sí, e sempre, per le ragioni e nel senso che ho sviluppato altrove. Quindi in uno stato dove il potere o parte di esso sta in mano della nazione, la virtú ec. giova, perché la nazione, che tiene il potere, l’ama; e perché giova, perciò è praticata piú o meno, secondo le circostanze, ma sempre assai piú e piú generalmente che nello stato dispotico. La virtú è utile al pubblico necessariamente. Dunque il pubblico è necessariamente virtuoso o inclinato alla virtú, perché necessariamente ama se stesso e quindi la propria utilità. Ma la virtú non è sempre utile all’individuo. Dunque l’individuo non è sempre virtuoso, né necessariamente. Oltre ch’é ben piú facile e ordinario ingannarsi un individuo sulle sue vere utilità, che non la moltitudine. Ma in ogni modo l’individuo cerca il suo proprio bene, il pubblico cerca il suo (vero o falso, con mezzi acconci o sconci): questa è virtú sempre e in qualunque caso, quello egoismo e vizio. Parlo principalmente delle virtú pubbliche, cioè di quelle virtú grandi,