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[p. 242 modifica] la cagione è l’amore immediato di noi stessi, e non della nostra patria. Vedi p. 536, capoverso 2.


*   Io non credo molto a quello che dice Montesquieu, Dialogue de Sylla et d’Eucrate, particolarmente p. 293-295, per ispiegare il carattere e le azioni di Silla. Questo è il solito errore di creder che gli uomini si formino da principio un piano seguito di condotta e seguano sempre un filo di azioni, quando la nostra natura composta di cento passioni è sempre piena d’incongruenze, secondo che questa passione o quell’altra piglia il di sopra. E anche i ragionamenti dell’uomo sono pieni di variazioni, per cui ora ci par conveniente uno scopo ed ora un altro, o volendo arrivare allo stesso scopo cambiamo strada del continuo. Solamente [p. 243 modifica]serve a mostrar l’ingegno dello scrittore il condurre tutte le azioni disparatissime di un personaggio famoso, come tante linee a uno stesso punto, e per questo capo è stimabile e ingegnoso il celebre Manuscrit venu de Sainte-Helène, attribuito alla Staël. Io credo che Silla avesse veramente una grandissima ambizione, e questa di comandare, come tutti gli altri; poi, siccome il fantasma della gloria era ancor grande e potente nelle menti romane, stimò piú ambizioso il rinunziare al comando che il ritenerlo, e cosí volle andare allo stesso fine per un’altra strada. Forse ancora il pensiero di farsi tiranno della patria non era per anche maturo negli animi romani, nutriti in cosí smisurato amore e pregio della libertà; ma la passione di Silla fu l’odio civile e la ferocia