Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/126
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | 125 | 127 | ► |
* Arriano, ancorché detto il secondo Senofonte, e vicinissimo certamente a lui nella semplicità e purità dello stile e nella negligente varietà e irregolarità della costruzione ec., tuttavia si distingue da lui in questo ch’egli, forse come uomo vissuto lungo tempo fra i romani, forse per istudio di Tucidide, forse che la qualità ch’io dirò di Senofonte non era propria di quel tempo tanto alieno dall’antica candidezza, è piú grave di Senofonte, e non ha quell’amabile familiarità e quasi affabilità di Senofonte, che tratta il lettore come suo amico, e gli racconta o gli parla come se fosse presente. Cosí nelle orazioni storiche, Arriano va sempre un mezzo tuono piú alto di Senofonte, il quale nelle stesse orazioni è piuttosto espositore della cosa che oratore.
* L’impressione che produce l’annunzio improvviso di una grave sventura non si accresce in proporzione della maggiore o minor gravità di essa. L’uomo in quel punto la considera quasi come somma, e tutto l’impeto del dolore si scarica sopra di essa, in maniera che non avrebbe potuto raddoppiarsi, se la sventura annunziatagli fosse stata del doppio maggiore, voglio dire però, se sin da principio gli fosse stata annunziata cosí; perché, sopravvenendo un altro annunzio, la successione della cosa lascia luogo all’accrescimento del dolore; sebbene neanche allora l’accrescimento sarebbe in proporzione del raddoppiamento della sventura, perché l’anima è già esaurita e come intorpidita dal