Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(3969-3970) | pensieri | 341 |
ec.; 4o, essa è veramente una proprietà italiana onde anche da sono bonus e tali altri o semplici, facciamo uo, come suono, buono ec., siccome gli spagnuoli ue, che pur si risolve, o ritorna, in o sempre che l’accento non è sull’e, come da volvo buelvo e poi bolver ec. Vedi p. 4008. E anche quando la desinenza ec. in olus o ulus ec. non è diminutiva, noi ne facciamo sovente uolo ec., come da phaseolus fagiuolo ec.; 5o, essa manca sempre in moltissime parole italiane, come in tanti verbi diminutivi o frequentativi ec., in olare de’ quali ho detto altrove, che sarebbe sproposito scrivere in uolare. Insomma essa giunta non è propria di questa tale italiana inflessione diminutiva derivante dal latino, ma è un accidente di pronunzia o di ortografia italiana o toscana, che ha luogo anche in infiniti altri casi alienissimi da questa inflessione, e che in questa medesima non ha sempre luogo ec. (10 dicembre, dí della Venuta della Santa Casa di Loreto, 1823). Vedi p. 3984, 3992, 3993.
* Alla p. 3961. Cosí discorrasi ancora di cento altri generi di formazione ec. latine e non proprie delle lingue moderne, che si trovano in mille parole moderne (3970) ignote nel latino, o solo note nel latino barbaro, mentre quelle formazioni ec. non sono proprie di questo e furono assolutamente proprie del buon latino, o speciali del latino antico ec. ec. (10 dicembre, dí della Venuta della Santa Casa di Loreto, 1823). Vedi p. seguente e 3985.
* Ho detto altrove che male nelle nostre lingue spesso si usa per non, per particella privativa ec. Questo è proprio particolarmente dell’antico delle nostre lingue, e fors’anche piú in particolare, dell’antico francese. I francesi ora dicono mal- ora mé-, ch’é lo stesso (médire, dir male), e cosí il nostro mis (misdire, misfare). Le quali particelle corrotte da mal e desti-