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(3755-3756) | pensieri | 153 |
come a p. 2657, l’uso spagnuolo di dir agno per annus ec. non ha che far niente col latino ig-navus per innavus. Tuttavia può pur avervi che fare, in quanto anche appo gli spagnuoli quell’año ha sempre una pronunzia di g).
Del resto, non solo nel concorso delle due n, ma anche fuor di questo caso, i latini usavano di preporre o frapporre avanti la n il g. Come in prognatus per pronatus (che anche si trova), adgnascor per adnascor, adgnatus per adnatus ec. (i quali perciò dimostrano un semplice gnascor), e in gnarus, gnavus, gnavo, gnosco, gnobilis ec. (sicché forse ignarus ec. non sono per innarus ec., ma piú probabilmente per i-gnarus, i-gnavus ec., cioè per ingnavus, ingnarus ec.). Onde resta fermo quel ch’io [ho] detto p. 3695, che i latini usavano come gli eoli, il g veramente protatico (perché anche in pro-gnatus per pro-natus, in i-gnobilis per in-nobilis ec. ei viene a esser protatico). E quest’uso ancora (3756) avrebbe qualche corrispondenza coll’uso spagnuolo di mutare alle volte, se non erro, anche l’n semplice delle voci latine ec. in ñ. (22 ottobre 1823).
* Prolicio, prolecto as ec. Aggiungansi alle cose dette nella mia teoria de’ continuativi (sul principio) circa i verbi allicio, allecto ec. (22 ottobre 1823).
* Verbo diminutivo in senso positivo. Nidulor per nidor aris (che non esiste) da nidulus per nidus. Noi abbiamo annidare ec. (22 ottobre 1823).
* Alla p. 3706. Senza fallo il nostro verbo fu noo is, non no nis (e altrettanto si dica di poo non po, da πόω, il quale dovette essere poo pois povi potum secondo le ragioni che or si diranno): 1°, Da no non si sarebbe fatto nosco ma nisco. Veggasi la p. 3709, fine-10, principio. 2°, No non avrebbe fatto nel preterito novi ma ni (o per duplicazione neni), come suo sui, luo lui ec. Noo