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(3708-3709) | pensieri | 123 |
nunziare e di scrivere i regolari supini volvitum, solvitum e simili, che non son pochi; o contrazioni di essi supini regolari, fatta per l’elisione dell’i e non altro (giacché l’u e il v, come dico, sono una stessa lettera1)) contrazione ed elisione ordinaria, e si può dir regolare (per il suo grand’uso) sí ne’ verbi della terza, come dictum per dicitum ec. ec., sí in quelli della seconda, come doctum per docitum (che non si ha, mentre si ha nocitum, placitum, tacitum, habitum ec. e non noctum ec. Vedi la p. 3631) ec. ec. (16 ottobre 1823).
* Alla p. 3689, principio. Vivesco non ha perfetto né supino, neppur tolto in prestito. Ma il suo composto revivisco ha revixi. Ora il Forcellini conviene che questo non è suo, ma di revivo, e ne conviene, quantunque revivo, com’ei dice, a nemine est, quod sciam, usurpatum, si unum excipias Paulin. Nolan. ec. (3709) (e vedi il glossario). Perché dunque non conviene egli che, per esempio, scivi scitum non sia di scisco, ma di scio, ch’è pur verbo ab omnibus usurpatum? che suevi suetum non sia di suesco, ma di sueo, benché questo a nemine sit usurpatum? Del resto, il trovarsi pure revivo, conferma la mia sentenza che tutti i verbi in sco sieno fatti da un altro analogo, sebbene non sempre noto; e il vedere che revivisco fa revixi e revictum (dimostrato da revicturus, se questo non è di revivo), come appunto revivo, conferma che i perfetti e supini de’ verbi in sco, se gli hanno, sieno sempre tolti in prestito da’ verbi originali, e non mai loro propri, o ch’essi mai non gli ebbero (ma nosco, per esempio, ebbe il supino suo proprio noscitus, come a pagg. 3688-3690) o che gli hanno perduti. Sebbene non vi era bisogno