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74 | pensieri | (3630-3631-3632) |
dà a chi vuole scrivere, di pigliarsi cioè o di formarsi un’ortografia a suo modo, e quella sempre seguire; consiglio che niuno certamente darebbe oggi in Italia ad alcuno, né vi sarebbe piú che una ortografia da poter pigliare, cioè scegliere ec. Ma al contrario era allora, dopo tre secoli e piú che si scriveva la nostra lingua, e ciò da letterati, non sol per uso della vita (8 ottobre 1823).
* Le forme regolari e perfette ec. de’ participii e supini (e anche de’ perfetti e lor dipendenze) della seconda e terza maniera massimamente da me (3631) stabilite e richiamate nei verbi che piú non le hanno, sono, oltre gli altri argomenti, confermate da’ verbi delle stesse maniere che ancor le hanno, e che ne’ participii o supini son regolari e perfetti, sia ch’essi abbiano anche degl’irregolari, o che gl’irregolari solamente; e ch’essi sieno regolari e perfetti in tutto, o che senza ciò lo sieno ne’ participii o supini. Per esempio, habeo, habes, habui, verbo tutto regolare e perfetto, fa habitum e habitus a um, non habtum. Perché dunque doceo, doces, docui, doctum, non docitum?1) E da tali osservazioni si vede che questo paradigma e quello di lego sono male scelti ad uso delle grammatiche, perché ambo irregolari, o vogliamo dire alterati dalla prima lor forma, e dalla vera forma de’ loro pari, ne’ supini e ne’ participii in us. Il che di lego si dimostra anche particolarmente col suo derivato legito, come altrove (8 ottobre 1823).
* Mi pare di aver nella teoria de’ continuativi detto che il perfetto di lego fu legesi. Notisi (3632) che oggi
- ↑ Exerceo, coerceo ec. es ui itum. Mentre che arceo, ch’è il semplice di questi verbi, fa arctum, come si dimostra dall’aggettivo arctus, secondo il detto altrove in proposito; placeo-taceo-noceo es ui itum. Perché nocitum e non docitum? Se non per pura casualità d’uso nel pronunziare?