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54 pensieri (2882-2883)

che sia se non quello d’Ammiano nel Forcellini, voc. aptatus. Ora Ammiano è pur di bassa latinità. Mostra che il volgo abbia sempre conservato il primo uso di questo verbo, piú degli scrittori eleganti, che l’hanno piuttosto adoperato metaforicamente. Del resto, se mai si potesse dubitare che il verbo aptare venisse da aptus, il cui proprio senso è legato ec., e che Festo dice essere participio di apo, lo spagnuolo atar, che vale legare, congiungere, finirebbe di mandare a terra qualunque dubbio. Il nostro attare, adattare, adapter ec. ha per proprio il significato metaforico ordinario di apto, adapto ec. Vedi nel Forcellini esempi di coaptare, coaptatio, coaptatus (συνάπτειν), in senso di collegato ec., tutti di S. Agostino, il quale certo non pigliava questo buono e primitivo uso di tali parole da’ piú antichi padri della scrittura latina, né dagli scrittori aurei che non le usano, ma dal parlar del volgo, che tuttavia conservava quel significato, come ancora lo conserva in Ispagna. E cosí dite di Ammiano.  (2883) E chi sa che aptare in questo senso non sia l’origine di attaccare, attacher ec.? Vedi il glossario Cang. principalmente in attachiare, cioè vincire ec. Ma siccome questa voce si trova massimamente usata nelle scritture latino-barbare d’inglesi e scozzesi, cosí non voglio contrastare che la sua origine non possa probabilmente essere teutonica ec. come si afferma nel medesimo glossario, voc. 2, Tasca (3 luglio 1823). Vedi p. 2887.


*   Io provo presentemente un piacere, io vorrei che la condizione di tutta la mia vita, di tutta l’eternità, fosse uguale a quella in cui mi trovo in questo momento. Questo è ciò che nessun uomo dice mai né può dire di buona fede, neppur per un solo momento, neppure nell’atto del maggior piacere possibile. Ora, se egli in quel momento provasse in verità un piacer presente e perfetto (e se non è perfetto, non è piacere), egli dovrebbe naturalmente desiderare di provarlo sempre,