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SERMONE SULLA MITOLOGIA 209

mente quella del tetro e del pauroso nelle invenzioni poetiche; nella seconda poi move da un principio in sé stesso vero, ed è che il linguaggio della poesia ha da essere come un visibile parlare, per dirlo con un bel modo di Dante, cioè lo idee debbon pigliar forme sensibili, fantastiche; ma poi cade nello stranissimo orrore, d’ammettere che ci sia come un abisso tra il vero e il bello, tra la scienza e la poesia, e di non riconoscere altri fantasmi ed altri simboli poetici che quelli della Mitologia». Su questa materia, cfr., oltre la lettera sul Romanticismo di A. Manzoni nella parte in cui discorre della mitologia e la lettera del Monti a Gio. Torti (autore dell’Epistola sulla poesia) recata dal Cantú a p. 300 e seg., lo scritto di Franc. De Sanctis (Saggi critici: Napoli, Morano, 1874, p. 48 e segg.) e ciò che contro il giudizio «troppo severo e forse anche un po’ ingiusto» dell’illustre critico scrisse lo Zumb. a p. 293 e seg. — Il metro è il verso sciolto: cfr. la nota d’introd. a p. 22.


Audace scuola boreal1, dannando
     Tutti a morte gli dei, che di leggiadre
     Fantasie già fiorîr2 le carte argive
     E le latine, di spaventi3 ha pieno
     5Delle Muse il bel regno. Arco e faretra
     Toglie ad Amore, ad Imeneo la face,
     Il cinto a Citerea4. Le Grazie anch’esse,
     Senza il cui riso nulla cosa è bella5,
     Anco le Grazie al tribunal citate
     10De’ novelli maestri alto seduti6,
     Cesser proscritte e fuggitive il campo
     Ai lemuri7 e alle streghe. In tenebrose

N. B. Queste varianti sono state ricavate dalla prima stampa genovese e da quella delle Poesie recenti del cav. V. M.: Firenze, tipog. delle Bellezze della lett. it., 1825.

3. le menti argive

5. Arco e quadrella

8. Senza cui nulla cosa ha leggiadria,


  1. 1. Audace scuola boreal: Intende dire la scuola romantica, nata tra noi per opposizione alla scuola classica e in parte per imitazione ed influenza delle letterature settentrionali (boreal) che aveva per uno de’ canoni fondamentali poetici di togliere affatto l’uso della mitologia, perché «era una cosa assurda parlare del falso riconosciuto, come si parla del vero...; cosa fredda introdurre nella poesia ciò che non entra nelle idee, ciò che non richiama alcuna memoria, alcun sentimento della vita reale; cosa noiosa ricantare sempre questo freddo e questo falso; cosa ridicola ricantarlo con serietà, con aria d’importanza, con movimenti finti ed artefatti di persuasione, di meraviglia,di venerazione ecc.» Manzoni, Lett. cit. sul Rom.
  2. 3. fiorîr ecc.: ornarono le letterature greca e latina. Fiorire in senso attivo e metaforico l’ha anche Dante. Par. xvi, 110: «e le palle dell’oro Fiorian Fiorenza in tutti i suoi gran fatti».
  3. 4. di spaventi: Allude ai casi orribili o mostruosi, oggetto della poesia romantica nordica, che non furono, in genere, dell’italiana.
  4. 7. Il cinto a Citerea: a Venere il cinto della seduzione «in che raccolte e chiuse Erano tutte le lusinghe». Omero Iliad. XIV, 250 (trad. M.). Cfr. anche Tasso XVI, 25.
  5. 8. Senza ecc.: cfr. il v. 199, p. 206.
  6. 10. alto seduti: seduti, come direbbe Dante (Par. xix, 79) a scranna, in aria di giudici.
  7. 12. le-
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