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22 | AL PRINC. DON SIGISMONDO CHIGI |
e, specialmente, A. Ademollo Un processo celebre di veneficio a Roma nel 1790: Nuova Antologia, fasc. 15 giugno e 1 luglio 1881. — Il metro è il verso sciolto, nel quale il M. fu, come tutti sanno, maestro.
Dunque fu di natura ordine e fato1,
Che di là donde il bene ne deriva
Del mal pur anco scaturir dovesse
La torbida sorgente? Oh saggio, oh solo
5A me rimasto negli avversi casi
Consolator2, che non torcesti mai
Dalle pene d’altrui lungi lo sguardo,
E scarso di parole e largo d’opre
Co’ benefizi al mio dolor soccorri,
10Gismondo3; e qual di gioie e di martiri
Portentosa mistura è il cuor dell’uomo!
Questa parte di me che sente e vede,
Questo di vita fuggitivo spirto
Che mi scalda le membra e le penètra,
15Con quale ardor, con qual diletto un tempo
Scorrea pe’ campi di natura, e tutte
A me dintorno rabbellìa le cose!
Or s’è cangiato in mio tiranno, in crudo
Carnefice, che il frale onde son cinto
20Romper minaccia, e le corporee forze,
Qual tarlo roditor, logora e strugge.
Giorni beati che in solingo asilo
Senza nube passai, chi vi disperse?
Ratti qual lampo, che la buia notte
25Segna talor di momentaneo solco,
E su gli occhi le tenebre raddoppia
Al pellegrin che si sgomenta e guata4,
Qual rio fallo v’estinse? e tanto amara
Or mi rende di voi la rimembranza,
30Che pria sì dolce mi scendea sul core?
Allorché il sole (io lo rammento spesso)
D’orïente sul balzo compariva
A risvegliar dal suo silenzio il mondo,
N. B. Queste varianti sono state ricavate da ambedue le cit. ediz. de’ Versi dell’83 e dell’87. Cfr. il N. B. a p. 2.
- 5. A me rimasto nell’avverso caso