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Finalmente a p. 119 è un «gli desta» corretto su «di questa». (Il passo non esiste in A). E a p. 122 un «assuefatti» sostituito a un «satisfatti». (Anche A dá «assuefatti» ). Cosí «di questa», come «satisfatti» non avrebbero senso.

Questi casi, che si ripetono piú volte nel testo di B, dimostrano la presenza dell’autore, il quale ora modificava il testo di A, subito dopo averlo dettato, ora nell’aggiungere frasi nuove sostituiva altre parole a quelle prima formulate, ora, accorgendosi che il segretario aveva frainteso, gli faceva correggere l’errore, prima di proseguire.

Precisati cosí i rapporti fra i due manoscritti, possiamo concludere che l’edizione del Dialogo deve attenersi alla lezione di B (con le modificazioni introdottevi dall’autore).

Ma nuove incertezze sorgono a proposito dell’ortografia1, perchè essa varia nell’autografo e nella copia, e ciò suggerisce l’ipotesi che il segretario, pure scrivendo sotto dettatura dell’autore, abbia seguito criteri propri (cosa che non potrebbe meravigliare in un’epoca nella quale un’ortografia generalmente riconosciuta non esisteva ancora).

All’ipotesi non contraddirebbe il fatto che l’autore sottopose ad una nuova revisione l’esemplare copiato, ove questa revisione si fosse applicata al pensiero e allo stile, senza indugiarsi sull’ortografia. E in tal caso la via da seguire apparirebbe sicuramente tracciata: adottare la grafia di A, e dove B contiene passi modificati o del tutto nuovi, correggere la grafia in base all’autografo (cosa che pur sarebbe difficile, per non dire impossibile, data l’incostanza e varietá dei criteri seguiti dall’autore, anche in uno stesso manoscritto); oppure segnalare al lettore i passi dove si è dovuto, in mancanza dell’originale, attenerci alla copia.

Senonché il Guicciardini non si limitò a correzioni di pensiero o di stile. B presenta casi assai numerosi di vera e propria revisione ortografica. Vi troviamo breve corretto dall’autore in brieve (p. 7), mostrerò in mostrerrò (p. 9), direno in diremo (p. 15), erreremo in errereno (p. 17), acconciono in acconciano (p. 19), e cosí via.

Si aggiunga che se talvolta la lezione C corrisponde a quella di

  1. Per comodo di esposizione, usiamo questa parola in senso lato, riferendoci nei paragrafi che seguono anche a varianti morfologiche e all’alternarsi di forme arcaiche e moderne.