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38 | Codice cavalleresco italiano |
Quello che poi tocca l’assurdo, si è l’abitudine invalsa di rivolgersi al primo ufficiale incontrato per domandargli che ci rappresenti. Ciò non regge. L’ufficiale è un gentiluomo come tutti gli altri, anzi un gentiluomo tra i gentiluomini, per la divisa che indossa; ma, tra i suoi obblighi speciali nessuno gli prescrive di prestarsi a fare da padrino al primo capitato.
Nel fine di evitare possibili obiezioni, i rappresentanti, accettando l’incarico, devono essere muniti di una lettera di nomina.
La lettera di nomina deve contenere in succinto, ma tassativamente, le ragioni vere dell’appello, e non vuol essere confusa con la domanda di riparazione.
I rappresentanti non devono, nè possono accettare di portare un cartello di sfida, nel quale non sieno riassunte le vere e precise ragioni dell’appello, altrimenti può non essere accolto dallo sfidato (art. 86, 87, 119, 153, 225); e tanto meno accetteranno di portare un cartello, nel quale sieno contenute parole o affermazioni offensive per reale o supposto offensore. Ciò sarebbe disonesto, e chi se ne rendesse colpevole perderebbe la qualità di gentiluomo.
Nota. — Il Giuri d’onore in causa De Biase-Masiello-Ciullini, Firenze, 15 febbraio 1888, e il Bellini, Cap. I, II, confermano questo asserto; e Giurì d’onore, appellante Gelli, Milano, 1904. — L’Angelini e il Du Verger du Saint-Thomas vogliono che il cartello sia scritto e che contenga