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Giornata decima |||
 p. 235
Introduzione |||
 p. 237
Novella prima |||
 p. 237

Un cavaliere serve al re di Spagna; pargli male esser guiderdonato, per che il re con esperienza certissima gli mostra non esser colpa di lui ma della sua malvagia fortuna, altamente donandogli poi.

Novella seconda |||
 p. 240

Ghino di Tacco piglia l’abate di Cligni e medicalo del male dello stomaco, e poi il lascia; il quale, tornato in corte di Roma, lui riconcilia con Bonifazio papa, e fállo friere dello Spedale.

Novella terza |||
 p. 245

Mitridanes, invidioso della cortesia di Natan, andando per ucciderlo, senza conoscerlo capita a lui, e da lui stesso informato del modo, il truova in un boschetto come ordinato avea; il quale riconoscendolo si vergogna, e suo amico diviene.

Novella quarta |||
 p. 251

Messer Gentil de’ Carisendi, venuto da Modona, trae della sepoltura una donna amata da lui, sepellita per morta, la quale riconfortata partorisce un figliuol maschio; e messer Gentile lei ed il figliuolo restituisce a Niccoluccio Caccianemico marito di lei.

Novella quinta |||
 p. 258

Madonna Dianora domanda a messere Ansaldo un giardino di gennaio bello come di maggio; messere Ansaldo con l’obligarsi ad uno nigromante gliele dá; il marito le concede che ella faccia il piacere di messere Ansaldo, il quale, udita la liberalitá del marito, l’assolve della promessa, ed il nigromante, senza volere alcuna cosa del suo, assolve messere Ansaldo.

Novella sesta |||
 p. 262

Il re Carlo vecchio vittorioso, d’una giovanetta innamoratosi, vergognandosi del suo folle pensiero, lei ed una sua sorella onorevolmente marita.

Novella settima |||
 p. 268

Il re Pietro, sentito il fervente amore portatogli dalla Lisa inferma, lei conforta, ed appresso, ad un gentil giovane la marita; e lei nella fronte basciata, sempre poi si dice suo cavaliere.

Novella ottava |||
 p. 275

Sofronia, credendosi esser moglie di Gisippo, è moglie di Tito Quinzio Fulvo, e con lui se ne va a Roma; dove Gisippo in povero stato arriva, e credendo da Tito esser disprezzato, sé avere uno uomo ucciso, per morire, afferma; Tito, riconosciutolo, per iscamparlo, dice