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novella ottava 275

Perdicone ed il padre e la madre della Lisa, ed ella altressí, contenti grandissima festa fecero e liete nozze: e secondo che molti affermano, il re molto bene servò alla giovane il convenente, per ciò che, mentre visse, sempre s’appellò suo cavaliere, né mai in alcun fatto d’arme andò che egli altra sopransegna portasse che quella che dalla giovane mandata gli fosse. Cosí adunque operando, si pigliano gli animi de’ suggetti, dássi altrui materia di bene operare e le fame eterne s’acquistano; alla qual cosa oggi pochi o niuno ha l’arco teso dello ’ntelletto, essendo li piú de’ signori divenuti crudeli e tiranni.

[VIII]

Sofronia, credendosi esser moglie di Gisippo, è moglie di Tito Quinzio Fulvo, e con lui se ne va a Roma; dove Gisippo in povero stato arriva, e credendo da Tito esser disprezzato, sé avere uno uomo ucciso, per morire, afferma; Tito, riconosciutolo, per iscamparlo, dice sé averlo morto, il che colui che fatto l’avea veggendo, se stesso manifesta; per la qual cosa da Ottaviano tutti sono liberati, e Tito dá a Gisippo la sorella per moglie e con lui comunica ogni suo bene.


Filomena, per comandamento del re, essendo Pampinea di parlar ristata e giá avendo ciascuna commendato il re Pietro, e piú la ghibellina che l’altre, incominciò:

Magnifiche donne, chi non sa li re poter, quando vogliono, ogni gran cosa fare, e loro altressí spezialissimamente richiedersi l’esser magnifico? Chi adunque, potendo, fa quello che a lui s’appartiene, fa bene, ma non se ne dée l’uom tanto maravigliare né alto con somme lode levarlo, come uno altro si converria, che il facesse, a cui per poca possa meno si richiedesse. E per ciò, se voi con tante parole l’opere de’ re esaltate e paionvi belle, io non dubito punto che molto piú non vi debban piacere ed esser da voi commendate quelle de’ nostri pari, quando sono a quelle de’ re simigliami o maggiori; per che una laudevole opera e magnifica usata tra due cittadini amici ho proposto in una novella di raccontarvi.