Oreste (Euripide - Romagnoli)/Esodo
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Alto nell’aria appare Apollo, e accanto a lui Elena rediviva.
apollo
L’acerbità del tuo spirito mitiga,
o Menelao: son di Latona il figlio,
io che ti chiamo. E tu càlmati, Oreste,
che su quella fanciulla alzi la spada,
e le parole ch’io ti volgo ascolta.
Quell’Elena che tu spenger volevi,
per odio contro Menelao — ma vana
fu la tua brama — è questa che vedete
dell’ètere nei seni: è salva, e spenta
non fu da te: ch’io la salvai, dal ferro
tuo la sottrassi, per voler di Giove.
Perché, di Giove essendo figlia, vivere
perennemente deve, e presso a Càstore
ed a Polluce sede aver, nei grembi
dell’etra, ai nauti salutare.
A Menelao.
E tu
conduci alla tua reggia un’altra sposa,
or che gli Dei, per la beltà di questa,
Ellèni e Frigi ad incontrarsi spinsero,
e tante stragi oprarono, perché
libera fosse dall’uman rigurgito
opprimente, la terra. Ecco per Elena,
Oreste, e tu di questa terra i limiti
varcare devi, ed abitar, pel volgere
d’un anno, il suol parrasio; e dall’esilio
tuo, nome avrà per gli Arcadi e gli Azàni,
sarà detto Orestèo. Di qui partito,
alla città muovi d’Atena, dove
renderai conto del materno scempio
alle tre Furie. E ti daran, sul colle
di Marte1 i Numi, della causa giudici,
piissima sentenza, onde uscirai
vittorïoso. E quella a cui la spada
vibri contro la gola, Ermíone, è fato
che tu la sposi, Oreste. E se alcun reputa
che debba sposa averla Neottòlemo,
mai sposa non l'avrà: ch’è suo destino
venire a me, per chiedere vendetta
del padre Achille, e qui, spento da delfica
spada, cadere. E a Pilade, le nozze
di tua sorella, come a lui promessa
già ne facesti, accorda; e l’uno e l’altra
vivranno, d'ora in poi, prospera vita.
E tu lascia che in Argo Oreste imperi,
e a Sparta, o Menelao, récati, e regna
su la terra che in dote a te recò
la sposa tua, che in mille pene ognora
ti strinse. Ed io, per favorire Oreste,
la città d’Argo a lui concilierò:
ch’io lo costrinsi a uccidere sua madre.
oreste
Profeta ambiguo, non mendaci furono
dunque i tuoi vaticinii, anzi veridici.
E sí, temei ch’io, presumendo udire
la voce tua, qualche maligno Dèmone
udito avessi. Or tutto andrà pel meglio,
e al tuo comando ubbidirò. La spada,
vedi, allontano da Ermïóne; e sposa
l’accetterò, se a me l’assegna il padre.
menelao
rivolto ad Elena.
O di Giove progenie, Elena. salve:
degna d’invidia sei tu, che dei Numi
la casa avventurata abiti. Oreste,
a te, poiché Febo lo vuole, accordo
la figlia mia. Di nobil sangue tu,
figlia di nobili essa; e a te fortuna
rechin le nozze, e a me che le l’accordo.
apollo
Muova ciascuno adesso ove l’invio;
e le contese cessino.
menelao
Obbedisco.
oreste
Ed anch’io, Menelao, mi chino al nostro
destino, e ai tuoi responsi, o Nume ambiguo.
apollo
Or movete, e la Pace onorate,
fra le Dive bellissima. Ed Elena
io frattanto alla casa di Giove
condurrò, de le fulgide stelle
percorrendo la via. Presso ad Era,
presso ad Ebe, consorte d’Alcide,
lí seduta, sarà pei mortali
Diva anch’essa, di sacri libami
onorata, coi figli di Tíndaro
rampolli di Giove,
protettrice dei nauti nel pelago.
coro
O grande, o veneranda
Vittoria, non desistere
dal protegger la mia vita, dal cingere
al mio crin la ghirlanda.