Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova/I
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MONUMENTO
DEL
PROCURATORE DI SAN MARCO
e
CAPITANO STRAORDINARIO DELLE NAVI
DELLA VENETA REPUBBLICA
alto rilievo in marmo
I.
Questo Monumento, inalzato dalla Patria riconoscente all’ultimo dei liberi Eroi Veneziani, è ingegnosamente composto, e mirabilmente eseguito. Tutte le figure essendo in parte staccate, egli è un alto rilievo, il quale ha l’appoggio di una lastra di marmo a guisa di muro; e ne forma la base (vedi ingegno dello Scultore!) una di quelle batterie Galleggianti, che l’Emo inventò, e con le quali fulminò i Barbari nell’ultima guerra. Il suo busto rassomigliantissimo è posto sopra una colonna rostrata, che sorge nel mezzo della Galleggiante, ed è bagnata dall’onde del mare. Crederesti quasi di ferro al suo luccicare l’armatura che gli cuopre il petto, e naturale la tinta alquanto abbronzita del volto, a cui aggiunge severità lo sguardo abbassato, e l’ampia fronte, ed i capelli pochi e presso che radi della testa. Tu lo scolpisti, o Canova, in quello stato suo abituale di calma imperturbabile, che tale si mantenne anche allorquando l’ira furibonda di Nettuno squarciò in Eleos il seno dei vascelli a lui confidati; e nulla potendo contro la prora da un tanto nocchiero difesa, di cadaveri, di vele lacerate e d’antenne infrante circondolla, sicchè l’Eroe scrisse con quella rara magnanimità al Senato: «Padri Coscritti, deh! concedete, che per quanto può il mio Patrimonio, indennizzi di un tanto danno la patria.» Un bellissimo Genio alato, il Genio dell’Adria fiorente, quello medesimo, che assistette nelle luminose lor gesta Domenico Michiele in Tiro, Enrico Dandolo due volte a Costantinopoli, Morosini nel Peloponneso, e tanti altri sommi Eroi, quello medesimo col volo dell’acceso pensiero Canova raffigurò, e scolpì. Questo vezzoso giovinetto discende dal Cielo (nè altrove che in Cielo si vestono così pure ed angeliche forme); e col sorriso amabile della compiacenza, sta per porre sopra la testa dell’Eroe una corona civica, che tiene con ambe le mani. Dall’opposto lato la Fama, a cui sorgono sopra le morbide spalle due grandi ali, avendo deposta a’ suoi piedi la tromba, quasi servirsi volesse di un più eterno e più veritiero mezzo di diffondere le gesta del suo Eroe, piega un ginocchio sopra la Galleggiante per iscrivere con un’aurea penna il nome dell’Emo, ed inalza nel tempo medesimo la mano sinistra verso il di lui busto, additandoci ch’è quello l’Eroe di cui vuol rendere eterna la gloria. La dolce serenità, e la somma attenzione che dimostra in quell’atto, ci palesano quanto quel Grande le sia caro, ed in quale indelebile maniera voglia essa alla tarda posterità tramandarne lo splendore. Le forme celesti di questa mirabil Donna sono di una grazia e di una bellezza singolare. Placida e tranquilla nell’attenta e soave sua fisionomia, pare che Canova abbia voluto additarci in questa quella bella Fama, che rimorso alcuno non punge, e che di chiara luce adorna, per correr di secoli non si oscura, ed accompagna indivisibile sempre quei veri Eroi che, se bagnarono le loro mani nel sangue, non lo fecero che pel santo amore della Patria insultata, minacciata, od oppressa.