Opere (Lorenzo de' Medici)/X. Altercazione/Capitolo VI.
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CAPITOLO VI
[Orazione a Dio.]
O venerando, immenso, eterno Lume,
il quale in te medesimo te vedi,
e luce ciò che luce nel tuo Nume!
O infinita vista, che procedi
da te, e per te luci, e per te splende5
ogni splendor pel lume che concedi!
O occhio spirital, qual non comprende
se non la vista spirital, pel quale
e qual solo e non altro vede e intende!
O vita d’ogni vedente immortale,10
o di qualunque vive intero bene,
che adempi ogni desir, che di te cale;
tu accendi il disio, e da te viene
che d’ogni bene è la voglia ardentissima,
perché ogni ben se’ tu, o sola spene.15
O vera luce micante e purissima,
te per te priego, che la vista oscura
di caligine purghi, e sia chiarissima,
acciò ch’io vegga la tua luce pura;
perché tu nel mio cor la sete accendi,20
tu fa che ’l ghiaccio suo s’infiammi ed ura.
L’occhio mio parvo amplifica e distendi,
perch’io ti vegga, e la pupilla bassa
innalza, acciocché sopra il cielo ascendi.
Nell’interiore mio penetra e passa:25
la tua profonditá profonda piú
che altra profonditá, qual piú s’abbassa.
La tua sublimitá mi levi in su,
quella sublimitá che è eminente
ed alta piú che alcun’altra virtú.30
Lo splendor tuo mirando e rilucente,
di bontá mirabile e bellezza,
penetra l’alme, i corpi, e pria la mente.
Quest’immensa bontá, questa vaghezza
m’alletta, scalda, incende, e mi costrigne35
sanza ch’io il sappia: oh singular chiarezza!
Vola il desir, ma poi pigra s’infigne
l’alma, pensando che alla gloria eterna
finite passion non son condigne.
O unica fortezza, alta e superna,40
porgi la mano al mio zoppo disio:
la tua pietá la sua miseria cerna.
Speranza intera, o sol refugio mio,
guida il cor che tu chiami, e in te ricetta
quel che costrigni a te venire, o Dio.45
Quel che tormenti, contenta e diletta,
refrigera quel ch’ardi, come io spero,
perché tu se’ la letizia perfetta.
Fonte d’ogni letizia, gaudio intero,
io so che tu se’ solo, ed in te giace50
quel che appetisce il nostro desidèro.
Perché se questo, ovver quel ben, ne piace,
non cerca il disio nostro, o quello o questo,
ma il bene in essi, dov’è la sua pace.
La qualitá del bene il cuore ha chiesto55
in ogni cosa, e il salutar licore
che vive in sé, e spargesi pel resto.
Al fonte di quest’acqua corre il core;
questo perenne fonte cerca e cole
sparto in qualunque cosa inferiore.60
E come quel che l’occhio vede è Sole,
che in quella e questa cosa chiar si mostra,
cosí è un solo ben, che il mondo vuole.
Però non manca mai la sete nostra
per questo o quello, o questo e quello insieme,65
fin ch’altro maggior ben se gli dimostra.
Il fonte sol, che ’l santo liquor geme,
spegne la sete nostra: o liquor santo,
spegni la sete mia che troppo prieme.
Poi che ogni cosa appunto è buona quanto,70
ben d’ogni ben, la fai colla presenzia,
non ne lasciar sanza te esser tanto.
O prima mente, ch’è sanza demenzia,
o prima Sapienza alta e profonda,
non maculata mai da insipienzia.75
Alla qual par che nulla mai s’asconda
di quel ch’ordina e crea il tuo intelletto
per provvidenzia immensa, quale abbonda.
Né una pur delle cose hai negletto,
su le quai produce tua caritá immensa,80
ma dal perfetto vedi l’imperfetto.
Eppur fa tutto tua caritá accensa,
e sta stupita in ciò la mente mia,
che a chi non pensa, a lei provvede e pensa.
O abundante grazia, o mente pia,85
com’esser può ch’ogni minima cosa
da te pasciuta ed adempiuta sia;
e l’uom, fattura tua maravigliosa,
che ’l nome santo tuo cole ed adora,
lasciato in sete sia tanto bramosa?90
L’uom, dico, che per fede sol te onora,
non patir ch’abbi sempre inquietudine,
che solo in te posarsi spera ancora.
Fugga da quella immensa multitudine
di tua beneficenzia e tanta laude,95
la malefica e trista ingratitudine.
Da te, o veritá, fugga la fraude,
perché certo fraudata saria l’alma,
se dopo tanta sete ancor non gaude.
Se per te porta qualche grieve salma,100
e prende la sua croce e in odio ha il mondo,
retribuir gli devi eterna palma.
O sommo eterno Bene, amplo e fecondo,
misero è l’uom piú che una bestia sciocca,
se nella patria tua nol fai giocondo.105
Ma d’ogni grazia il tuo vaso trabocca,
ond’io spero quel fine a’ miei martíri,
qual piú per grazia, che per merto tocca.
E benché un tempo il nostro cor sospiri
a pene temporali, a questi affanni110
retribuisci, ed abbrievi i disiri,
felicitá, qual non misuran gli anni.
Al poco molto bene, al brieve eterno
dái, e cosí non ne defraudi o inganni.
O Redentor del mondo dallo inferno,115
o ver refugio, o unica salute,
che salvi tutto sotto il tuo governo;
o ben de’ ben, virtú d’ogni virtute,
io so che dato m’hai l’eternitate,
perché peggio non sia che bestie brute.120
Perché la tua ardente caritate
amor nel vaso della mente infonde,
onde possiamo amar la tua bontate.
Cosí nostro intelletto al tuo risponde,
e, se intendiam, l’intelligenzia tua125
ci illumina alle cose alte e profonde.
Come dalle tue due le nostre dua
vengon, tua vita in ordine primiera
in nostra vita vuol la parte sua.
Per te vita viviamo; ed a noi vera130
cognizion dái d’alcune immortal cose,
e volontá che alle mortali impera.
Prima la vita desti, che rispose
eterna alla tua eterna ed immutabile,
qual prima all’altre due in noi si pose.135
Cosí di queste tre ciascuna è abile
nel modo suo l’eternitá fruire,
fatte immortali, in eterno durabile.
L’intelletto intendendo, il buon disire
volendo; e pria la vita che n’è data140
vivendo sanza mai poter morire.
Sendosi agli altri due comunicata
l’eternitá, alli posteriori
prima nella vita è, che prima è nata.
Porrai dunque ancor fine a’ miei dolori145
saran beati per ereditá,
e per grazia abbondanti i nostri cuori.
Almeno or qualche parte ce ne fa,
fa che alquanto gustiam speranza certa
in questa vita della tua bontá.150
Se non ti piace ancor, perché nol merta
l’anima ancora, almen, noi ti preghiamo,
mostra la via della salute aperta.
Concedi che ingannar non ne lasciamo
da mondane lusinghe corruttibile,155
né ’l certo per l’incerto e van perdiamo.
Fortificando il cor contra il terribile
impero di fortuna, e sua minaccia,
a cui cede talor l’uom ch’è sensibile,
mostra benigno a noi la santa faccia;160
o padre a’ tuoi figliuoli indulgentissimo,
la tua misericordia apra le braccia.
Recrea quos creasti, o Bene amplissimo;
aiuta noi, perché di te sol nati
siam, Padre onnipotente e clementissimo.165
Gl’intelletti e disir nostri assetati
tua veritá sol empie, e bontá intègra,
né la cagion pensiam che n’ha creati.
Miserere alla figlia infetta ed egra
alma, dalla celeste patria lunge,170
ch’esula in questa selva oscura e negra.
Leva dal cor quel che da te il disgiunge;
miserere del pianto lacrimoso
pel desir della patria, che ’l cor punge.
Ov’è la patria, ivi è vero riposo;175
ov’è il padre e la patria, posa il figlio;
quivi è ben sommo, vero e copioso.
Inquietudine è dov’è l’esiglio,
e falso ben, anzi mal vero e aperto;
però fa noi del tuo divin conciglio.180
Allora al cuor s’è qualche bene offerto,
allor viviam da’ rei pensier remoti,
e l’alma gusta qualche ben ch’è certo.
Quando li nostri cor pronti e devoti
pensano a te, e’ par che al suo ben giunga185
l’alma, se drizza a te tutti i suoi voti.
Se avvien che teco il suo pensier congiunga,
allor quiesce: adunque da noi fugga
quel che da tal pensier l’alma dilunga.
Freddezza e diffidenzia in noi si strugga,190
e la disperazione; e l’alma poi
a fede e speme e caritá rifugga.
Sí che da te mai siam divisi noi,
o vita delle vite, e vero lume,
che ogni altro lume alluminar sol puoi.195
Dalla via vera erriam sanza il tuo nume,
e presto nelle ténebre cadremo
esterior, seguendo il primo acume.
Dunque fa dal principio al fin supremo
l’alma solo a te viva, ed in tua luce200
luca, quando è passato il punto estremo.
Teco arda e goda, poi che si conduce
a te, infinito ben, veritá, vita,
per te via, che a tal ben se’ nostro duce.
Fanne amar la bellezza tua infinita,205
privi d’ansietá, che ’l cor tormenti,
e te, Ben sommo, che ogni mente incíta,
fruir possiam sempre avidi e contenti.