Omaggio del Capitolo e del Seminario di Acqui a Giuseppe Marello/Cenno intorno al solenne ingresso
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Accenniamo per sommi capi. Le ovazioni nel breve cammino da Alessandria ad Acqui furono ripetute con viva espressione di ossequio e di augurii non che nelle parrocchie acquesi, ma eziandio nelle alessandrine vicinanti.
A due passi dalla città si ode uno scampanìo festivo, ed eccoti alla Stazione il Vicario Foraneo di Cantalupo che con altri reca congratulazioni al Prelato, e vuol udirne un motto in quell’attimo di tempo che è la fermata del convoglio. Si ripete la stessa prova e collo stesso affetto a Borgoratto, non ostante la fretta che fa il fischio della macchina; alla stessa maniera e colla stessa vivacità a Gamalero.
A Sezzè coll’Arciprete due altri vogliono dire cose amorevoli e i popolani applaudono: il Buon Prelato benedice con effusione a’ suoi figli del confine, e via.
A Cassine il popolo occupa gran spazio fuor della cancellata della Stazione; qua e là i più lesti la scavalcano, i ragazzi si appigliano ai rami delle acacie e vi si adagiano; e mentre il Clero fa atto di filiale riverenza si leva un plauso che segue il convoglio già in moto.
A Strevi folla non meno grande che manda caldi evviva; e mentre il Clero ossequia con gioia, si aggiunge il gagliardo concerto della banda popolare e si prolunga quanto può udirsi camminando.
Ma lo spettacolo è veramente grandioso in Acqui ove la vasta piazza, che si apre innanzi alla Stazione, non basta a contenere una moltitudine di ogni ordine, fitta, lietissima eppur composta, che si riversa sul lembo del giardino, bramosa di vedere almeno di lontano; mentre sotto il portico di rimpetto la Giunta Municipale accoglie con lieti modi e gentilissimi il novello Vescovo, e il primo fra i membri proferisce un discorso in cui alla nobiltà dei concetti e all’opportunità degli accenni storici va del pari la parola. Con simigliante ossequio e gentilezza si presenta la Congregazione cittadina di Carità, e il Presidente pronunzia brevi ma affettuose parole; simile accoglienza fanno ben parecchi dell’ordine patrizio ricordevoli delle tradizioni domestiche. Agli uni e agli altri risponde il buon Vescovo con detti impressi di paterno affetto e con segni di vivissimo gradimento.
Uscito del portico non sì tosto il buon Vescovo dall’alto della carrozza volgendo attorno lo sguardo potè misurare quella immensa moltitudine che lo circondava, si scorse compreso di maraviglia e di tenerezza; e nel sentimento della sua divina missione abbracciandola come cara famiglia segnolla di croce, e salutato in giro, con gentil cenno di capo sedette commosso. Piacque soprammodo a tutti quell’atto affettuoso insieme e posato.
Difficile cosa fu sprigionarsi da tanto affollamento di popolo, quando la carrozza del Prelato e le altre che facevano seguito, vollero muovere verso la Chiesa dell’Addolorata. Fu forza che procedessero passo passo fiancheggiate e seguite da un’onda di popolo che riempiva quanto è lungo e largo lo spazio dalla Stazione alla piazza delle Nuove Terme; dove una parte imboccando strada nuova, per correre spacciatamente alla Chiesa, lasciò più libero l’andare pel foro boario.
Pertanto, girato largo fino all’antica porta Savona, si torse a destra entrando nella gran piazza innanzi la Chiesa suddetta dove il Prelato fu accolto a somma riverenza dal Capitolo, dal Clero, dalle Confraternite sotto una loggia rizzata innanzi la porta. Ivi sostette ascoltando un discorso indirizzatogli da Monsig. Vicario Generale.
Baciato in ginocchi il Crocifisso offertogli e salita la Cattedra vestiva i paramenti Pontificali, e preceduto da due lunghe file di Vicari Foranei, di Parroci, di Sacerdoti, di Chierici, di alunni del piccolo Seminario, e di molte Confraternite di ambo i sessi, già schierate ordinatamente a diligenza del Ceremoniere del Capitolo, avviossi per le vie Maestra e Nuova benedicendo amorevolmente al popolo onde erano zeppe le vie e le piazze, gli sbocchi, e gremiti i terrazzi e le finestre.
Lungo il tragitto la banda cittadina che già lo aveva salutato alla stazione, accrebbe festa alternando con maestria ed impegno di bei concerti al canto della processione, rendendo così spontaneo il gradito ossequio filiale al novello Pastore.
Pervenuto in Duomo e assiso sulla Cattedra ascoltò il gentile sermone latino letto dal Canonico Teologo, a cui in modo simigliante diede bella risposta, e accolti con affetto i Reverendissimi Canonici all’ossequio, salì sul pulpito, ove con parole ispirate dalla fede e traboccanti dal cuore diessi a vedere informato a quella carità che la fama e le opere avevano annunziato di lui.
Caduta la sera tutta la piazza del Duomo si accese di una bellissima luminaria, che spiccava sulla fronte della Chiesa, sotto l’atrio, sul terrazzo, sul campanile, per bene intesa disposizione, ricchezza ed intreccio di colori, e sulla facciata del Seminario pegli emblemi lucidi bellamente alluogati nelle finestre.
La festa fu chiusa con un rinfresco nell’Episcopio, al quale coll’amorevole Prelato e il numeroso concorso di specchiatissimi Sacerdoti astigiani si assisero a famigliare e gioconda conversazione il Capitolo, il Clero cittadino, e le Amministrazioni intervenute all’ingresso.
Mirabile cosa fu questa, che in tanta moltitudine di persone di ogni condizione ed età, non una voce, non un atto turbasse la calma e la letizia che fioriva sui volti. Qui si pare la influenza pacifica ma pur efficace della Religione, che entrando soavemente per dono superno nell’intimo dei cuori ed ordinandone di queto gli affetti, sa contenere in bella armonia qualsivoglia adunanza.
Un Vescovo è un legato pacifico spedito a diffondere negli animi pensieri ed affetti più possenti che non i terreni; è un consolatore nelle sventure, è un padre del suo popolo. Basta questo concetto, ove sia ben compreso, a rendere ordinata ed ossequente una popolazione; e non si supplisce nè colle dottrine de’ filosofi, nè cogli artificii della politica, nè colle mostre minaccevoli della forza.
Dio ci conservi il Buon Pastore fino alla più tarda vecchiaia e lo consoli dei frutti desiderati dal suo cuore paterno.