Odi e inni/Inni/Al duca degli Abruzzi e ai suoi compagni
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Inni - Al Re Umberto | Inni - A Umberto Cagni | ► |
Questo è dall’ombre un ritorno!
Dante Alighieri ha sorriso.
Noi sedevamo; ed un giorno
4vi pensammo all’improvviso.
L’anime nostre oscillare
sentivamo come l’ago del magnete,
tutte cercando inquiete
8la Stella Polare.
— Là... I tre alberi al cielo,
come cipressi da tomba,
puntano. Un mare di gelo
12la carena serra, e romba.
Come un addio di lontani,
tra le sartie nella notte ulula il vento.
Mandano un lungo lamento
16le mute dei cani.
Palpita in alto un’aurora
verde che sfuma e si dora:
sale e fiammeggia; discende,
20si rifugia nel mistero...
Come all’accenno d’un dito,
torna, divampa, risplende,
fatüo fuoco infinito
24d’infinito cimitero... ―
Salvi! L’antica bandiera
eccola, o reduci, al vento!
V’è la gramaglia... oh! non v’era
28là nel vostro attendamento:
essa non copre e scolora
quel vessillo che piantaste e che là solo,
alla deriva, forse ora
32già trema sul Polo...
Giovane duca, tu pensi.
Pensa alle tue visïoni!
Pensa ai tuoi pelaghi immensi,
36dove alzasti i padiglioni.
Morte e silenzio. Soltanto
si levava da un’incudine, sonoro,
ritmico ed ilare, il canto
40del sacro Lavoro.
C’era il Lavoro con voi:
c’era, o pilota d’eroi,
anche la fame, l’insonne
44fame, il freddo e la tempesta.
Vieni! C’è fuoco romano
qui tra le rotte colonne.
Scalda l’offesa tua mano
48all’eterna ara di Vesta!
Voci di là della vita
turbano il sonno latino.
L’anima sorge stupita
52dalla pietra del cammino!
Sembra che il campo contuso
sia da magli smisurati e regolari...
È il calpestìo de’ triari
56tuoi, Mario, tuoi, Druso.
Strepito d’oltre la morte
rompe la notte latina,
come un precipite e forte
60martellare d’officina.
Forse è colui che non dorme
mai, l’eterno Michelangelo che scava
qualche Crepuscolo enorme
64da un blocco di lava.
Voi, pionieri, nell’atrio
bianco degli uomini, il patrio
Genio voi certo l’udiste,
68tra il silenzio universale,
lungi dai giorni e dall’ore,
solo, nè lieto nè triste,
affaticarsi al chiarore
72d’un’aurora boreale.
O pionieri... Noi siamo
l’opre di tutta la terra,
popolo indomito e gramo,
76come schiavi presi in guerra:
muta un’angoscia ci doma,
chè ci raspa sopra il cuore tratto tratto
l’ugna d’un fiero lupatto
80tuo, lupa di Roma...
Siamo una cupa masnada
che si rifiuta e si scaccia,
e che riprende la strada
84col piccone e la bisaccia;
mentre nel cuore profondo
che riflette nuove nubi e nuove stelle,
passano tre caravelle
88che cercano un mondo...
Lo troveremo due volte.
Tu dalle tenebre folte
dove si muove il Gran Carro,
92tu ci porti una vittoria.
Eccolo, o duca latino,
eccolo il pane di farro,
pane pel nostro cammino,
96gloria! gloria! gloria! gloria!