Ode su le nozze di Giulia e di Manlio
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O Tu che ’l poggio ombroso
Abiti d’Elicona
Gentil prole d’Urania,
Per cui si tragge, e dona
5La verginella al destinato sposo;
O Imeneo Imene,
Imene o Imeneo.
T’avvolgi al crine intorno
Be’ fior colti allo stelo
10Dell’odoroso amaraco,
Togli ’l fiammante velo,
E ’l bianco piè di giallo socco adorno;
Quà pien di gioja, e festa,
Quà per venir t’appresta.
15E in te giorno sì ameno
Estro febèo destando,
Canta in suon dolce armonico
Nuzial inno, e danzando
Percuoti de’ be’ piè l’umil terreno,
20Scuoti con man la face
Di pin chiara, e vivace.
Poichè a Manlio sua fede
Giulia promette, e a lui
Tal và qual venne a Paride
25Ne’ gran litigj sui
L’alma Ciprigna, che in Idalio siede;
E a lei buona, felici
E buon ridon gli auspici.
Tal par leggiadra, e bella
30Pianta d’asiaco mirto
Tra ramuscelli teneri,
Cui nudrimento, e spirto
Dan l’Amadriadi Dee, versando in ella
Per sollazzo odorosi
35Freschi umor rugiadosi.
Su via dunque ver noi
Volto il cammin, t’affretta
Della petrosa Tespia
A lasciar l’altra vetta,
40E l’Aonie spelonche, ove de’ suoi
Fonti le limpid’ onde
Aganippe diffonde.
E Madonna ne invita
Del nuovo sposo accesa
45Alla sua casa, e al talamo,
Tutta nel cor compresa
D’amor, siccome a tronco ellera unita
Quà, e là serpendo il cinge
D’ogni lato, e ’l distringe.
50E voi per cui sta presso
Giorno, e pompa simile,
Voi pure, intatte Vergini,
In concerto gentile
Movete il canto, e dite a un tempo stesso;
55O Imeneo Imene,
Imene o Imeneo
Onde se fia restìo,
Da tai voci, e sì care
Più volentier udendosi
60A’ suo’ ufficj chiamare,
Degli onesti piacer quà vegna il Dio,
Egli che lega i cori
In dolci, e casti amori.
Quale, deh qual fra’ Numi
65Più disiar si debbe
Dall’alme amanti, e tenere?
Qual Nume ogni uom devrebbe
Con più voti placar, con più profumi?
O Imeneo Imene,
70Imene o Imeneo.
Te il genitor cadente
Per la cara famiglia
Invoca; a te la vergine
Il sen si disabbiglia1
75Del molle cinto; a te l’orecchie intente
Timoroso, e smarrito
Porge il novel marito.
Tu dalle patrie sedi
Togli, e dal sen materno,
80Nel suo bel fior la vergine;
E ’l suo freno, e governo
A vivace garzone in man concedi.
O Imeneo Imene
Imene o Imeneo.
85Senza te cor piacere,
Cui favorevol grido
E sante leggi approvino,
Non può la Dea di Gnido;
Ma può, se lei seconda il tuo volere.
90Chi fia che a Nume tale
Osi tenersi uguale?
Senza te por germogli
Nulla casa potria,
Nè il genitor col figlio
95D’un lignaggio saria;
Ma ben questo esser può, qualor tu vogli.
Chi fia, che a Nume tale
Osi tenersi uguale?
Terra ’ve tu non sogli
100Onori aver divini,
Per se fornir di presidi
Mai non potrà i confini;
Ma ben questo esser può, qualor tu vogli.
Chi fia, che a Nume tale
105Osi tenersi uguale?
Schiudan la porta omai
I cardini tenaci;
Ecco appressa la Vergine.
Vedi come le faci
110Scuoton l’aurate chiome, e vibran rai?
Sposa, che tardi ancora?
Spento è ’l giorno; vien fuora.
Rossor è che la sforza
Così tardar, e l’ange:
115Più che con lui consigliasi,
Più si sgomenta, e piange,
Però che rimaner non è in sua forza.
Sposa che tardi ancora?
Spento è ’l giorno; vien fuora.
120Tergi pur, tergi ’l pianto!
Già pericol non v’è,
Auruncleja, che femmina
In cui maggior che in te
Di perfetta beltà riluca vanto;
125Veggia dal mar profondo
Spuntare il dì nel mondo.
Quale il vago giacinto
Sorge tra mille fior
In colto giardin vario
130Di possente Signor,
Tale l’altrui dal tuo sembiante è vinto.
Sposa che tardi ancora?
Spento è ’l giorno, vien fuora.
Vien fuor, se udir omai,
135Sposa, pur ti compiaci
Gli accenti nostri (or eccola).
Vedi come le faci
Scuoton l’aurata chioma, e vibran rai?
Deh non si tardi ancora:
140Nuova Sposa vien fuora.
Alto i doppier lucenti,
Garzonetti, levate;
Venir veggio il vel croceo.
Ite, e ’nsieme cantate
145In musica ragion gli usati accenti:
Viva Imeneo Imene,
Viva Imene Imeneo.
Di Manlio ecco, Madonna,
Ove sorge il palagio,
150Deh come ricco, e splendido!
Che (non dubbiar) d’ogni agio
Ti servirà qual suo sostegno e donna.
Viva Imeneo Imene,
Viva Imene Imeneo.
155Infin che la nevosa
Decrepita vecchiaja
Le già fiorite tempie
Sì ti scuota, che paja
Che d’affermar dia segno in ogni cosa:
160Viva Imeneo Imene,
Viva Imene Imeneo.
Or la soglia sormonta
Col piè d’oro vestito,
E sia con lieto augurio;
165E nel terso forbito
Uscio t’inoltra omai spedita, e pronta.
Viva Imeneo Imene,
Viva Imene Imeneo.
Prego che un Torquatino
170Presto in grembo alla Madre
Scherzi, e le sue man tenere
Indi porgendo al Padre,
Dolce rida ver lui con labbricino
Mezzo fra chiuso, e aperto,
175Già in conoscerlo esperto.
Porti nel volto espressa
Del Genitor l’idea,
E per prole di Manlio
Anche chi nol sapea
180Tosto il ravvisi alla sembianza istessa,
E l’onestà materna
Nel suo volto si scerna.
Dalla Madre pudica
Tal grido abbia la prole
185Di sua non dubbia origine,
Qual è l’onor, che suole
Per la gran Madre sua donare antica
Fama al figlo d’Ulisse
Tanto dapoi ch’e’ visse.
190Or voi l’uscio chiudete,
Vergini, assai cantammo:
E voi, Coppia gentil, lieti vivete.
Note
- ↑ Termine che non è nella Crusca; ma in vigor della prefazione di essa par che possa starvi.