O giovinetta che la dubbia via
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
Di nostra vita, pellegrina allegra,
Con piè non sospettoso imprimi ed orni,
Sempre così propizio il ciel ti sia,
5Nè offenda mai nube improvvisa e negra
L’innocente seren de’ tuoi bei giorni.
Non che il mondo ritorni
A te quanto gli dài tu di dolcezza,
Ch’egli stesso ben sa non poter tanto.
10Valle è questa di pianto.
E gran danno qui spesso è gran bellezza,
Qui, dove perde agevolmente fama
Qual più vaga si chiama.
Come andrà l’alma mia gioiosa e paga
15Se impunemente esser potrai sì vaga!
Il men di che può donna esser cortese
Ver chi l’ha di sè stesso assai più cara,
Da te, Vergine pura, io non vorrei.
Veder quella in te ognor, che pria m’accese,
20Voglio, e ciò temo che men grande e rara
Parer ti fésse un giorno agli occhi miei.
Nè volentier torrei
Di spargerti nel sen foco amoroso:
Chè quanto è a me più noto il fiero ardore,
25Delitto far maggiore
Mi parría s’io turbassi il tuo riposo.
Maestro io primo ti sarò d’affanno,
E per me impareranno
Nuove angoscie i tuoi giorni, ed interrotti
30Sonni per me le tue tranquille notti.
Contento d’involarti un qualche sguardo
E di serbar nell’alma i casti accenti,
La sorte a farmi sventurato io sfido.
Tu non conoscerai quel foco in che ardo,
35E mireran tuoi bruni occhi ridenti,
Senza vederlo, il servo lor più fido.
Che se or ti parlo e grido
La fiamma di cui pieno il cor trabocca,
Farlo nella natía lingua mi lice,
40Che ancor non è felice
Sì che uscir possa di tua rosea bocca.
Più dolce e ricca sonería nel mio
Se udita l’avess’io
Sul labbro tuo: nè avrei sperato indarno
45Dal Tamigi recar tesori all’Arno.
Nè la man che ora, sovra i tasti eburni
Nel candor vinti, armonizzando vola.
Or sulla tela i corpi atteggia e move;
Nè il piè che disegnar balli notturni
50Gode talor, nè la tornita gola,
Onde canto gentil nell’alma piove,
Io loderò; che altrove
Vidi tai cose, e ciò, di che altra s’orna,
Non è quello che in te vagheggio e colo.
55Te stessa amo in te solo,
Te dentro e fuor sol di te stessa adorna.
La sola voce tua non è concento?
Non danza il portamento?
E cercherò se dotta suona o pinge
60Man che in eterne reti ogni alma stringe?
Ma tra non molto, ohimè (nè mi querelo
Altro che, invan, contra il destin mio duro)!
Rivolgerò all’Italia i passi erranti.
Non biasmi Italia più l’Anglico cielo,
65Cielo che più non è nebbioso e scuro
Dal dì che apristi tu gli occhi stellanti.
Consolerà i miei pianti
Foglio che a me dalla tua madre viene,
Su cui (deh spesso!) ella tuo nome segna.
70Felice madre, e degna
Di quel che in te ritrova alto suo bene!
Ma che fatto avrà mai di bello e strano
Chi vorrà la tua mano?
Non so sì grande e sì leggiadra cosa.
75Per cui degno un uom sia d’averti sposa.
Canzone, a lei davante
Tu non andrai: chè nè tua voce intende,
Nè andar ti lascerei, se l’intendesse:
Se un lontano potesse
80Creder mai ciò che in te di lei s’apprende,
Volar dovresti alla mia patria sede;
Ma chi ti può dar fede?
A miracol non visto è raro data;
Resta, del mio cor figlia, ove sei nata.