O giovinetta che la dubbia via

Ippolito Pindemonte

Indice:The Oxford book of Italian verse.djvu Poesie Letteratura O giovinetta che la dubbia via Intestazione 26 marzo 2022 75% Poesie

Questo testo fa parte della raccolta The Oxford book of Italian verse


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O
GIOVINETTA che la dubbia via

Di nostra vita, pellegrina allegra,
               Con piè non sospettoso imprimi ed orni,
               Sempre così propizio il ciel ti sia,
               5Nè offenda mai nube improvvisa e negra
               L’innocente seren de’ tuoi bei giorni.
               Non che il mondo ritorni
               A te quanto gli dài tu di dolcezza,
               Ch’egli stesso ben sa non poter tanto.
               10Valle è questa di pianto.
               E gran danno qui spesso è gran bellezza,
               Qui, dove perde agevolmente fama
               Qual più vaga si chiama.
               Come andrà l’alma mia gioiosa e paga

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               15Se impunemente esser potrai sì vaga!
          Il men di che può donna esser cortese
               Ver chi l’ha di sè stesso assai più cara,
               Da te, Vergine pura, io non vorrei.
               Veder quella in te ognor, che pria m’accese,
               20Voglio, e ciò temo che men grande e rara
               Parer ti fésse un giorno agli occhi miei.
               Nè volentier torrei
               Di spargerti nel sen foco amoroso:
               Chè quanto è a me più noto il fiero ardore,
               25Delitto far maggiore
               Mi parría s’io turbassi il tuo riposo.
               Maestro io primo ti sarò d’affanno,
               E per me impareranno
               Nuove angoscie i tuoi giorni, ed interrotti
               30Sonni per me le tue tranquille notti.
          Contento d’involarti un qualche sguardo
               E di serbar nell’alma i casti accenti,
               La sorte a farmi sventurato io sfido.
               Tu non conoscerai quel foco in che ardo,
               35E mireran tuoi bruni occhi ridenti,
               Senza vederlo, il servo lor più fido.
               Che se or ti parlo e grido
               La fiamma di cui pieno il cor trabocca,
               Farlo nella natía lingua mi lice,
               40Che ancor non è felice
               Sì che uscir possa di tua rosea bocca.
               Più dolce e ricca sonería nel mio
               Se udita l’avess’io
               Sul labbro tuo: nè avrei sperato indarno
               45Dal Tamigi recar tesori all’Arno.
          Nè la man che ora, sovra i tasti eburni
               Nel candor vinti, armonizzando vola.

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               Or sulla tela i corpi atteggia e move;
               Nè il piè che disegnar balli notturni
               50Gode talor, nè la tornita gola,
               Onde canto gentil nell’alma piove,
               Io loderò; che altrove
               Vidi tai cose, e ciò, di che altra s’orna,
               Non è quello che in te vagheggio e colo.
               55Te stessa amo in te solo,
               Te dentro e fuor sol di te stessa adorna.
               La sola voce tua non è concento?
               Non danza il portamento?
               E cercherò se dotta suona o pinge
               60Man che in eterne reti ogni alma stringe?
          Ma tra non molto, ohimè (nè mi querelo
               Altro che, invan, contra il destin mio duro)!
               Rivolgerò all’Italia i passi erranti.
               Non biasmi Italia più l’Anglico cielo,
               65Cielo che più non è nebbioso e scuro
               Dal dì che apristi tu gli occhi stellanti.
               Consolerà i miei pianti
               Foglio che a me dalla tua madre viene,
               Su cui (deh spesso!) ella tuo nome segna.
               70Felice madre, e degna
               Di quel che in te ritrova alto suo bene!
               Ma che fatto avrà mai di bello e strano
               Chi vorrà la tua mano?
               Non so sì grande e sì leggiadra cosa.
               75Per cui degno un uom sia d’averti sposa.
          Canzone, a lei davante
               Tu non andrai: chè nè tua voce intende,
               Nè andar ti lascerei, se l’intendesse:
               Se un lontano potesse
               80Creder mai ciò che in te di lei s’apprende,

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               Volar dovresti alla mia patria sede;
               Ma chi ti può dar fede?
               A miracol non visto è raro data;
               Resta, del mio cor figlia, ove sei nata.