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IPPOLITO PINDEMONTE

               Or sulla tela i corpi atteggia e move;
               Nè il piè che disegnar balli notturni
               50Gode talor, nè la tornita gola,
               Onde canto gentil nell’alma piove,
               Io loderò; che altrove
               Vidi tai cose, e ciò, di che altra s’orna,
               Non è quello che in te vagheggio e colo.
               55Te stessa amo in te solo,
               Te dentro e fuor sol di te stessa adorna.
               La sola voce tua non è concento?
               Non danza il portamento?
               E cercherò se dotta suona o pinge
               60Man che in eterne reti ogni alma stringe?
          Ma tra non molto, ohimè (nè mi querelo
               Altro che, invan, contra il destin mio duro)!
               Rivolgerò all’Italia i passi erranti.
               Non biasmi Italia più l’Anglico cielo,
               65Cielo che più non è nebbioso e scuro
               Dal dì che apristi tu gli occhi stellanti.
               Consolerà i miei pianti
               Foglio che a me dalla tua madre viene,
               Su cui (deh spesso!) ella tuo nome segna.
               70Felice madre, e degna
               Di quel che in te ritrova alto suo bene!
               Ma che fatto avrà mai di bello e strano
               Chi vorrà la tua mano?
               Non so sì grande e sì leggiadra cosa.
               75Per cui degno un uom sia d’averti sposa.
          Canzone, a lei davante
               Tu non andrai: chè nè tua voce intende,
               Nè andar ti lascerei, se l’intendesse:
               Se un lontano potesse
               80Creder mai ciò che in te di lei s’apprende,

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