Nuovi poemetti/La pecorella smarrita
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LA PECORELLA SMARRITA
“Frate„ una voce gli diceva: “è l’ora
che tu ti svegli. Alzati! La rugiada
3è su le foglie, e viene già l’aurora„.
Egli si alzava. “L’ombra si dirada
nel cielo. Il cielo scende a goccia a goccia.
6Biancica, in terra, qua e là, la strada„.
S’incamminava. “Spunta dalla roccia
un lungo stelo. In cima dello stelo,
9grave di guazza pende il fiore in boccia„.
S’inginocchiava. “Si dirompe il cielo!
Albeggia Dio! Plaudite con le mani,
12pini de l’Hermon, cedri del Carmelo!„.
Tre volte il gallo battea l’ali. I cani
squittìano in sogno. Le sei ali in croce
15egli vedea di seraphim lontani.
Sentiva in cuore il rombo della voce.
Su lui, con le infinite stelle, lento,
18fluiva il cielo verso la sua foce.
Era il dì del Signore, era l’avvento.
Spariva sotto baratri profondi
21colmi di stelle il tacito convento.
Mucchi di stelle, grappoli di mondi,
nebbie di cosmi. Il frate disse: “O duce
24di nostra casa, vieni! Eccoci mondi„.
In quella immensa polvere di luce
splendeano, occhi di draghi e di leoni,
27Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce...
E il frate udì, fissando i milïoni
d’astri, il vagito d’un agnello sperso
30là tra le grandi costellazïoni
nelle profondità dell’Universo...
E il dubbio entrò nel cuore tristo e pio.
“Che sei tu, Terra, perchè in te si sveli
34tutto il mistero, e vi s’incarni Dio?
O Terra, l’uno tu non sei, che i Cieli
sian l’altro! Non, del tuo Signor, sei l’orto
37con astri a fiori, e lunghi sguardi a steli!
Noi ti sappiamo. Non sei, Terra, il porto
del mare in cui gli eterni astri si cullano...
40un astro sei, senza più luce, morto:
foglia secca d’un gruppo cui trastulla
il vento eterno in mezzo all’infinito:
43scheggia, grano, favilla, atomo, nulla!„
Così pensava: al sommo del suo dito
giungeva allora da una stella il raggio
46che da più di mille anni era partito.
E vide una fiammella in un villaggio
lontano, a quelle di lassù confusa:
49udì lontano un dolce suon selvaggio.
Laggiù da una capanna semichiusa
veniva il suono per la notte pura,
52il dolce suono d’una cornamusa.
E risonava tutta la pianura
d’uno scalpiccio verso la capanna:
55forse pastori dalla lor pastura.
E il frate al suono dell’agreste canna
ripensò quelle tante pecorelle
58che il pastor buono non di lor s’affanna:
tra i fuochi accesi stanno in pace, quelle,
sicure là su la montagna bruna;
61e il pastor buono al lume delle stelle
quaggiù ne cerca intanto una, sol una...
“Sei tu quell’una, tu quell’una, o Terra!
Sola, del santo monte, ove s’uccida,
65dove sia l’odio, dove sia la guerra;
dove di tristi lagrime s’intrida
il pan di vita! Tu non sei che pianto
68versato in vano! Sangue sei, che grida!
E tu volesti Dio per te soltanto:
volesti che scendesse sconosciuto
71nell’alta notte dal suo monte santo.
Tu lo volesti in forma d’un tuo bruto
dal mal pensiero: e in una croce infame
74l’alzasti in vista del suo cielo muto„.
In cielo e in terra tremulo uno sciame
era di luci. Andavano al lamento
77della zampogna e fasci avean di strame.
Ma il frate, andando, con un pio sgomento
toccava appena la rea terra, appena
80guardava il folgorìo del firmamento:
quella nebbia di mondi, quella rena
di Soli sparsi intorno alla Polare
83dentro la solitudine serena.
Ognun dei Soli nel tranquillo andare
traeva seco i placidi pianeti
86come famiglie intorno al focolare:
oh! tutti savi, tutti buoni, queti,
persino ignari, colassù, del male,
89che no, non s’ama, anche se niun lo vieti.
Sonava la zampogna pastorale.
E Dio scendea la cerula pendice
92cercando in fondo dell’abisso astrale
la Terra, sola rea, sola infelice.