Novelle cinesi tolte dal Lung-Tu-Kung-Ngan/Avvertenza
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Traduzione dal cinese di Carlo Puini (1872)
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A V V E R T E N Z A
Il libro, d’onde sono tolte le sette novellette che si presentano in queste pagine ai lettori italiani, tradotte per la prima volta in una lingua europea dall’originale cinese, ha per titolo Lung-tu-kung-ngan. Esso è una raccolta di cause celebri, esposte in forma di vari racconti, tendenti tutti insieme a render lodata la perspicacia, il senno e la giustizia di un fantastico magistrato a nome Pao-Kung, che l’autore cinese, tanto nelle novelle tradotte in questo volumetto, quanto nelle altre della raccolta, ci vuol dare come un esempio di difensore costante dell’innocenza, come di un giusto e severo giudice delle colpe, malgrado quel po’ di ridicolo che talora può destare nei lettori italiani, dirò anzi negli europei, la figura del buon magistrato orientale.
Il Lung-tu-kung-ngan può, così alla prima, esser paragonato al nostro Decameron. Il libro cinese, come l’opera del Boccaccio, è diviso in dieci parti, ciascuna delle quali comprende dieci novelle. Queste cento novelle, al pari delle cento di Messer Giovanni, hanno molta libertà di linguaggio e vivacità di espressioni nel descrivere fatti non di rado bastantemente lascivi, ma hanno sempre a fine un pensiero morale; e le cinesi spesso burlano e sferzano i costumi, non illibati sempre, dei frati buddisti, allo stesso modo che quelle del novelliere fiorentino burlano e sferzano i costumi dei nostri. Certo però questo paragone non è che apparente; imperocchè chi abbia studiato nell’opera del Boccaccio l’arte stupenda di questo gran trecentista, non tanto nel maneggiare la lingua elettissima del suo secolo, e lo stile potente anche quando non privo di mende, quanto nell’immaginare, disporre e dar vita vera alle varie novelle, che poi raccolte in un sol libro formano una delle opere più meravigliose per armonica varietà della nostra antica letteratura; oh! ben facilmente anderà persuaso di quanto rimanga inferiore per ogni conto al Decamerone di Giovanni Boccaccio la raccolta cinese. La quale ciononostante è pur notevole e curiosa, dappoichè ci descrive i costumi di quella remota e grande nazione, sebbene in questa descrizione sia un po’ monotona a causa del fine speciale che si propone; e nel tempo stesso ci alletta con quel carattere originale e distintissimo, che ha ogni lavoro di sì fatto genere nella letteratura del popolo del celeste impero.
Dalla raccolta delle cento novelle del Lung-tu-kang-ngan già due n’erano state fatte conoscere in Europa, cioè la seconda del libro II, Il Leone di pietra, che fu stampata a Parigi tradotta da Teodoro Pavie nel 1837, e la prima del libro I, voltata in francese da Leone de Rosny, che la pubblicò nel 1864 in una elegante edizione, insieme al testo cinese, col titolo L’épouse d’outre-tombe. Nel 1867 poi io tradussi e pubblicai nella Rivista Orientale, che allora vedeva la luce in Firenze, due altre novelle di questa raccolta, che ora si ristampano insieme alle altre cinque nuovamente tradotte, senza altra variazione che quella del titolo e qualche piccola correzione di forma: e sono le due prime novelle del presente volumetto.
La versione di queste novelle ho cercato di fare più fedele che mi fosse possibile: e se in alcuni luoghi, ove una traduzione troppo letterale sarebbe riuscita arida e oscura, tradussi con maggiore libertà, non mai mi volli allontanare dal pensiero ch’era espresso nel testo. Non è difficile però ch’io sia incorso in qualche errore nella interpretazione di più passi: nel che mi vorranno essere, lo spero, indulgenti quanti ebbero occasione di trasportare nella nostra lingua o in altra d’Europa qualche opera della letteratura orientale, perchè essi ben conoscono le difficoltà a superare da chi si accinga per primo ad una traduzione di tali opere.
Nel pubblicare la versione di questi pochi racconti ebbi l’intendimento di dare un saggio di questo genere della letteratura cinese, che ci è pittura di costumi, di usi, di istituzioni a noi poco note: e con ciò credetti far cosa grata non solo a quanti si occupano di studi orientali, ma pur a coloro che amano di accrescere con ogni mezzo la propria cultura, o che pur non cercano nella lettura che un passeggiero diletto.
C. P.