Novelle (Sercambi)/Novella LXXXXVII
Questo testo è completo. |
◄ | Novella LXXXXVI | Novella LXXXXVIII | ► |
LXXXXVII
L>a novella condusse la brigata ad Ascoli, dove la sera fine a l’altro giorno dimoronno.
E levati la mattina, il preposto disse a l’altore che una novella dica fine che a Fermo seranno giunti. L’altore disse: «Volentieri», e voltosi verso la brigata disse: «A voi, omini che vi date vanto alla presenzia di molti di far gran fatti, e poi tristamente al bisogno vi portate, ad exemplo dirò una novella la quale incomincia in questo modo, cioè:
DE CAPTIVITATE STIPENDIARI
Della guerra tra Firenze e Pisa e de’ caporali presi.
E>ssendo la guerra tra Pisa e Firenza doppo la morìa del mccclxiii, Pisa faccendo molti soldati da piè e da cavallo, e Firenze alsì soldava e dava soldo a simile genti, per poter ciascuno di loro, cioè il comune di Firenza contastare e offendere il terreno di Pisa cercando d’aver caporali nimici a spada tratta di Pisa e delle terre a lei sottoposte, e simile Pisa pensò d’aver la compagnia dell’Inghilesi — della quale fu prima capitano messer Albret — coi quali Pisa grande onore ebbe.
E perché Pisa vedea che Firenza avea preso molti usciti di Pisa e di Lucca per capo e guida di parte delle loro brigate, pensò il comune di Pisa avere capi di fanti da piè che fusseno di Firenza cordiali nimici, mettendosi a sentire se in luogo alcuno ne fusse di che Pisa si potesse fidare che ne fusse ben servito. Et avuti certi, cognoscenti del paese di Firenze che ne mettesser loro alle mani alcuni con proferire buon soldo, et andati alcuni per sentire di tali capi, scognosciutamente si trovonno in Firenza dove molti macontenti ve ne trovonno e che volentieri si serebeno partiti da Firenze se avesseno potuto la lor vita francare altro che per via di soldo o d’altro mestieri che a loro fusse messo innanti.
Et infra gli altri che in Firenza fusse malcontento, fu uno de’ Peruzzi nomato Folaga, omo di smisurato corpo che non si serè’ sazio di un paiuolo di maccaroni, tanto francamente si portava in sì fatte guerre, né miga si sarè’ mosso per l fanti quando sei ponea in cuore. E sentendo Folaga d’alcuni come lui malcontenti e di gagliardia di pari quello che il comune di Pisa cercava, di voler caporali valenti per contastare al comune di Firenze, pensò voler questo procaccio fare con uno suo discreto amico nomato ùil Tromba de’ Salviati di Firenza nato.
Et avutolo in secreto, disse: «O Tromba, io vorrei che noi procacciassemo d’andare al servigio di Pisa, però che io sento che vogliano omini da fatti e nimici di Firenza, e tu sai quanto io sono valente che sai che a tutte le mischie che stato sono, sempre quando ho mangiato abiamo poi largamente bevuto. E non so chi possa meglio servire questo fatto che noi due». Tromba, che non meno che Folaga era valente, dicea: «Io sono contento di tale soldo prendere; e però è bene che noi parliamo con certi secreti che ci sono venuti da Pisa e dichiamo loro che non potranno trovare in Firenza né altro’ ii più valenti né arditi di noi. Ma ben dichiamo loro che di Firenza non ci cavino a un’ora, però che se la comunità di Firenza lo sentisse che tanta fortezza n’uscisse quanto è la nostra, che agevilmente lo comune di Pisa non ci potrebbe avere. E però è bene che di tutto s’informi chi ci è venuto». Folaga disse: «Và e menamelo et io li parlerò alto per modo che c’intenderà».
Tromba, che volontà grande ha di provarsi della persona, subito trovò quello che strettamente a Firenza andato era, dicendoli: «Folaga de’ Peruzzi, omo di gran virtù, ti vuol dire alquante parole di secreto che altri che noi e tu vogliamo che ci sia». L’amico andò con Tromba dove Folaga trovonno, che per esser più gagliardo aveasi fatto venire dinanti, perch’era sabato, una gran padella piena di maccaroni, e sbottonatosi dinanzi, a cavalcioni in s’una banca per mangiare si stava; e già n’avea più che la metà mangiati che più di vi n’arenno auto assai.
E’ non restando il mangiare, sopragiunse il Tromba col compagno; li quali come mangiare viddeno Folaga, Tromba li disse: «O per noi non ce n’ha?» Folaga dice: «Assai ve n’è serbati, ma ché cotestui vegga quanta valentia regna in me ho fatto fare questi maccaroni»; dicendo al Tromba che prenda quelli che in una cassa avea messi: in ii grandi catinelle per sé e per lo compagno li aparecchiò.
Folaga, che mangiato ebbe quella grande padellata di macaroni, disse: «Omai potrai fare relazione che tu hai trovato il più valente campione che in Firenza sia e quello che più nimichevolmente Firenza disfarà; narrandoti che l persone non mi farenno mover più che io volesse. E così come vedi la mia persona bella grande forte, così pensa che tutte l’altri vertudi cardinali regnano in me. E non pensi il comune di Pisa di poter trovare omo di magior fortezza di me né più seguro, che quando io dormo non curerei ii cento persone bene armate essendo io pur con una corazza in dosso: sappi che farei quando io non dormisse e fusse col tavolaccio e con tutta l’armadura!». Dicendoli: «Io sono della più valente casa di Firenza e sono tanto valente che se il comune di Firenza sapesse che tanta forza quant’è la mia di Firenza si partisse, non mi lasserenno per denari; ma perché’ fiorentini non amano i miei parenti e per la fortezza mia li lassano stare qui, io non li amo. E se pure mi dispogno a venire io e ’l Tromba (che quasi in tutte le valentie a me s’acosta, salvo che non è si grande), ti dico che non ci meni a un’ora, che non si potrè’ fare tanto celato che le nostre forze non si sentisse, e non aresti quello che cercando vai. E fine avale ti dico che io voglio condutta di l fanti e per lo Tromba di xxv, giurandoti: fa’buot’a Dio, noi spacceremo tutto ciò che ci verrà dinanti, se ci venisse tutta la masnada di Firenze da piè e da cavallo!» L’amico dice: «Io sono contento che tu, Folaga, abbi condutta di l fanti e ’l Tromba di xxv, e sono avisato che prima per te si mandi e poi per Tromba». E ben che ’l Folaga avesse sé molto vantato, l’amico dicea lui esser grande, giovano e ben fatto (et anco è d’usanza de’ fiorentini dire se sono gagliardi). E così si partìo di Firenza e tornò a Pisa e racontò tutto ciò che avea trovato.
Ma perché del Tromba al presente non si dirà in questa novella, ma in altra lo conterò, tornerò al Folaga, che, fattolo venire a Pisa e datoli condutta per l fanti, fu con alquante brigate da cavallo e da pié mandato a danegiare in sul terreno di Firenza innel Valdamo di sotto. E come il Folaga fu fatto aparecchiare, e dato loro denari e fatta la mostra in sulla piazza di Pisa, Folaga dicea: «Omai si parrà la valentia che Folaga de’ Peruzzi farà, che vegna chi vuole, non mi troverà che mai mi sferri né mai, per genti che a dosso venire mi vegga, non muterò passo né per prigione non m’arenderò!»; dicendo a li altri che faccino come lui.
E doppo molti vanti, usciti di Pisa e caminato apresso a Marti e quine mangiato di vantagio ognuno (e massimamente Folaga che avea più di x pani con più d’un quarto di agnello diluviato), si missero a caminare in verso Montetopoli, dicendo: «Omai siamo in sul terreno di Firenza, a che ciascuno conviene esser valente».
Folaga, che giá la paura li fa sconcacare et anco lo molto mangiare della mattina li avea avallato il pasto della sera, e venutoli volontà di voitarsi quel sacco tristo, si discosto solo lassando i compagni in sulla strada. E calatosi le mutande et alzatosi li panni per volere l’agio suo fare, uno rastelletto che alle reni dove s’acostò era, li prese li panni. Folaga, che pensa che siano i nimici, dice: «Io m’arendo prigione e me e l compagni che meco sono!» Lo rastello li panni li tiene. Folaga replica le parole che lui s’arendea con l compagni: a niente li è risposto. Folaga, che sta apiccato al rastello, cominciò a gridare dicendo: «Soccorrete il Folaga che le male genti l’hanno preso dirieto, che dinanti non hanno auto ardire di venire!»
E i compagni et altri, a’ romore che Folaga fece, trasseno là e trovonno Folaga esser preso da uno rastello per lo culo, dirieto avendo ancora le brachi calate; disseno: «Odi buono vantatore, che prima dicea che per tutto il campo de’ fiorentini non si volgerè’, et ora s’ha lassato per lo culo a uno rastello prigione prendere, e non che lui s’arendesse, ancora arendea li l suoi compagni. Or vedete valente persona da guardare brigate in campo!»
Ex.º lxxxxvii.