Novelle (Sercambi)/Novella LXXXXVIII

Novella LXXXXVIII

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LXXXXVIII


U>dita la novella e giunti dove aparecchiato era per lo desnare, il preposto comandò che li stormenti sonassero et i cantatori cantassero. Li quali cantaron in questo modo:

«Vita non è più misera e più ria
che troppo amar altrui con gelosia.
Giovana bella vertudiosa e vaga,
cagione a me di questa amara vita,
poi che il principio fusti della piaga,
sii a sanarla, come a farla, ardita.
Virtù che regna in te non sia smarrita,
sì che in du’ corpi un solo animo sia».

Ditta e desnato, comandò a l’altore che una novella dica fine alla cena, ché a Fermo è aparecchiato. L’altore, voltosi alla brigata, disse: «A voi, omini che non avendo <meriti> siete d’altri onorati, e mostrando le vostre cattività, come tristi innel fango lassati siete, ad exemplo dirò una noveluzza in questo modo, cioè:

DE VILITATE

Del Tromba, come fe’.

C>ome avete sentito, il bisogno che Pisa avea di far soldati, avendo condutto quello valentissimo Folaga e fattolo capitano di l fanti, è mandato per lo compagno nomato Tromba il quale [p. 427 modifica]condutto era con xxv compagni. E giunto colui che condurre dovea Tromba a Firenza narrandoli che il comune di Pisa volea che subito si mettesse in camino però che l’oste tra Pisa e ’l comune di Firenza era cominciata e che già Folaga era caminato alla guerra dove pensava avere grande onore come a’ suoi pari s’apartiene, e però s’afrettasse del caulinare, Tromba, che già avea i suoi, preso pensiero disse che di quine a du’ di se ne verrebe verso Pisa. Lo ’mbasciadore disse: «Et io, per lo bisogno che Pisa hae di te, t’aspetterò».

E mentre che lo ’mbasciadore spettava Tromba, ricevéo una léttora da Pisa contenente che si desse a sentire i modi che quel capitano di xxv fanti nomato Tromba tenea, aciò che di lui non possano ricevere biasmo né danno come di Folaga s’è ricevuto. Inteso lo ’mbasciadore tale novella, solicitando Tromba che si mettesse in camino dicendo: «Noi staremo troppo ad andare dove il campo è contra i nimici», Tromba dice: «Se io mi coniungo con Folaga, sia chi si vuole che noi lo mettiamo per terra»; dicendo a lo imbasciadore: «Omai puoi incominciare, che io sono presto».

Avea Tromba, per andare orrevole a Pisa, venduto tutto ciò che avea e fatto denari, e comprato cavallo armadura et arnesi; e molti se ne misse in borsa che a tempo e luogo li faranno bisogno.

Montati tutti e du’ a cavallo e messi in camino per venire verso Pisa faccendo la via da Pistoia, e quando funno al Poggio a Caiano Tromba volle bere et alquanto mangiare. Lo ’mbasciadore di Pisa nota tutto ciò che il Tromba fa, per la léttora avuta. E passato in sulla strada presso a Pistoia, Tromba un omo vede che in sulla strada si puone a votarsi il corpo perché molta uva mangiato avea, faccendo quine assai di quella trista materia. Tromba, che ciò vede, volge il viso verso Prato. Lo ’mbasciadore disse: «Or perché hai volto il viso verso Prato tanto disdegnoso?» Rispuose il Tromba: «Per mia valentia, che mi parea vedere circa c, et io pogo curandoli, mi volsi quasi a dire: per c non mi muoverei». Lo ’mbasciadore sta a vedere e tutto nota per non averne riprensione.

E passato alquanto. Tromba vede colui della strada essersi [p. 428 modifica]partito et aver lassato assai buona piumata. Il Tromba portava il capo alto co li occhi al cielo, quasi tra sé dicesse: «Io non vedrò quella puzza». Lo ’mbasciadore dice: «Tromba, or che vuol dire che così colli occhi e colla testa vai alto verso il cielo?» Il Tromba dice: «Io vo’ che sappi che, sentendomi tanto gagliardo, stimo me poter saglire in cielo». Lo ’mbasciadore, senza dire niente, tutto ciò che Tromba dice e fa nota inne l’animo suo.

E venendo verso Pistoia, Tromba essendo presso dove quella nera culagna era da quel poltrone lassata in sulla via, <per> non volerla vedere il Tromba si volge verso mezzodì. Lo ’mbasciadore, che vede il Tromba volto verso mezzodì, disse: «Deh, Tromba, non ti vasta aver veduto il cielo e la terra per altezza e per lunghezza, che anco per traverso or vedere la vuoi?» Tromba dice: «Io mi sento tanto gagliardo che non che le parti di qui mi dica il cuore di conquistare, ma le parti barbaresche vincerei». Lo ’mbasciadore nota ciò ch’e’ dice e fa per potere a’ suoi signori di Pisa tutto ridire.

E non molti passi andati furono che Tromba, essendo presso o vero sopra a quello fastidio, voltatosi verso la marina per quello non vedere, lo ’mbasciadore si meraviglia che tanto lo vede mutar’e disse: «Deh, Tromba, narrami perché verso la marina ti se’ volto». Tromba dice: «Così come Alesandro signoregiò la terra l’aire e l’acqua, così intendo io di sogiogare per la mia valentia». Lo ’mbasciadore tutto innel cuore in nota mette.

E passato più di una gittata di pietra lo sterco che in sulla strata era senza che lo ’mbasciadore di niente aveduto se ne fusse, avendosi Tromba posto innell’animo di non vedere più tal tristizia, passati, com’è ditto, più di una gittata di pietra, Tromba rivoltosi per vedere quello che vedere non volea, mosso da ira e da pogo senno, voltando il cavallo subito quasi come uno moscone punto l’avesse ritornò indirietro. Lo ’mbasciadore, che vede il Tromba furioso tornare arieto, pensò doversi tornare senza lui: dato di sproni al suo cavallo sopragiunse il Tromba, che già del cavallo disceso era e ginocchioni stava con ambe le mani alli occhi, scerpandoli, dicendo: «Sfamatevi a vedere, sfamatevi a vedere!». E questo disse più volte. Lo ’mbasciadore, che anco [p. 429 modifica]acorto non s’era dello sterco, stava solo li atti a vedere che Tromba facea, per potere ogni cosa a Pisa racontare.

E stato alquanto. Tromba, calata la faccia co li occhi aperti, colla faccia co li occhi e colla bocca in su quella piota di merda diè per sì gran forza che tutta la bocca il naso li occhi e tutta la faccia se ne impiéo, dicendo: «Or ti sfama!»; dandovi più volte. Lo ’mbasciadore, che alquanto da lungi stava, non potendo bene comprendere il modo, decise di domandarlo. E venuto presso a lui, vedendolo sì merdoso li disse: «O Tromba, or dove se’ stato poi che da me ti partisti che se’ sì merdoso?» Tromba disse tutta la maniera, dal principio che funno passati a Poggio a Caiano fine a quel punto, dicendo: «Or come mi sazierei delle genti che sono tanto valenti, s’io d’una poga di merda non m’avesse saziato?» Lo ’mbasciadore tutto nel cuor notato avea.

E montati a cavallo, a Pisa ne girono. Lo ’mbasciadore narrò tutte le convenenze che il Tromba avea fatto: li pisani cognovero di vero costui esser simile al Folaga, dispuoseno di dirli che fine che il Folaga tornava stesse in Pisa a darsi piacere senza soldo, e dapoi ch’e’ tornato sarè’ voleano che amendue fusseno capitani generali di tutta l’oste. Tromba lieto, l’aspettare non li rincresce fine che denari ebbe in borsa. Lo comune di Pisa per onesto modo il Folaga cassò né a Pisa mai ritornò, tenendo sempre il Tromba sotto speranza che il Folaga tornasse.

E per questo modo consumò tutto, e niente rimasoli, fu costretto <andare> per lo pane, che d’altro non era.

Ex.º lxxxxviii.