Novelle (Sercambi)/Novella LXXXII
Questo testo è completo. |
◄ | Novella LXXXI | Novella LXXXIII | ► |
LXXXII
Venuta l’ora della cena colla dilettevole novella, cenarono et a posare n’andarono fine alla mattina. E mossi, come d’usanza lo preposto allo autore disse che una novella dica fine che a Benevento saranno giunti. L’autore rivoltosi alla brigata disse:
DE DEVOTIONE IN SANCTO JULIANO
Di Castagna, divoto di san Giuliano.
Nel tempo che Pistoia era sottoposta alla città di Lucca fu uno mercadante di panni di Pistoia nomato Castagna, il quale per sua devozione ogni mattina dicea uno paternostro et una avemaria per reverenzia di san Giuliano acciò che Dio li apparecchiasse per lo di buono viaggio e per la notte buono albergo; e tale orazione non cessava di notte di dire, e così la mattina.
Et avendo il ditto Castagna bisogno di comprar panni, diliberò andare verso Verona e fe’ fare una léttora di molti fiorini che in Verona li fusseno dati, et alquanti denari per le spese si misse in borsa. Et un giorno del mese di ferraio di Pistoia con uno famiglio a cavallo si partìo, avendo al famiglio dato la sua valige di panni, e per l’alpe si mise a caminare verso Bologna per andare a Verona.
E quando Castagna fu giunto lui e ’l fante alla Sambuca dove trovonno tre maliscalzoni o vogliamo dire malandrini, li quali come viddeno Castagna e ’l famiglio stimonno quelli cavalli e robba esser loro. E fattisi apresso a Castagna, piacevolemente lo salutonno domandandolo d’onde fusse e quale era il suo camino. Castagna dice: «Da Pistoia sono e vo verso Bologna per andare a Verona». Li malandrini diceno: «Se ti piacesse, noi verremo volentieri teco però che abiamo andare a Bologna per alcune faccende». Castagna, che li vede, parendoli persone dabene, et anco vedendo forte nevicare, disse: «La vostra compagnia m’è molto cara».
E mossi, coloro incomincionno a intrare in novelle con Castagna, dicendoli se lui facea lo giorno alcuno bene. Castagna risponde: «Io ho sempre in uso di dire uno paternostro et una avemaria per amor di san Giuliano, acciò che Dio mi dia lo giorno buon viagio e la notte bono albergo». Coloro disseno: «E noi dichiamo il vangelostro e tutta la quaresima, e siamo di sì buona pasta che quello vegghiamo non ci pare sia nostro se noi non l’abbiamo in mano». Castagna dice: «Or cosìe si vuol fare». E mentre che caminano e’ malandrini diceno tra loro: «Ogi si parrà se costui ara buono viagio et anco come stasera trovorà buono abergo»; però che aveano intenzione di rubarlo e lassarlo in quella neve. Et acostatisi a Castagna, disseno: «Deh, messer, diteci se mai v’avenne che il di ch’avete ditta l’orazione di santo Giuliano se mai aveste mal viagio e cattivo abergo». Castagna dice: «No, mai». Li malandrini disseno fra loro: «A uopo li sarà venuto l’orazione prima che da noi si parta!»
E come funno presso al castello del vescovo di Bologna, in uno passo scuro, quasi l’ora di compieta, li malandrini dienno di grappo alla briglia del cavallo di Castagna, dicendoli: «Se ti muovi se’ morto!» Lo fante di Castagna, che vede prendere il signore, dato delli speroni al cavallo, subito si partìo et al castello del vescovo si ridusse non spettando né aitando il signor suo. Li malandrini dispuoseno Castagna del cavallo, e’ denari che a dosso avea, con tutti i panni (eccetto la camicia e la mutanda li lassarono) e tutte l’altre cose rubonno e quine innella nieve che nievicata era et in quella che di continuo nievicava lo lassonno, dicendo: «Elli si morà da se medesmo senza che noi l’uccidiamo». E partensi colle cose.
Castagna nudo rimaso, la notte venuta, andava per la nieve tremando, faccendo della bocca come fa la cicogna col becco e quasi di freddo si morìa; e più volte innella nieve fu per affogare, ma pur la gioventù lo facea forte. Dando a caminare in qua e in là, senza che lui s’acorgesse arivò al castello del vescovo, là u’ il suo fante la sera era intrato. E non vedendo aperte le porti né casa di fuori, e nievicando forte e ’l freddo grande, non sapea che farsi, ma pur per non assiderare andava intorno al castello. E veduto uno sporto di una casa sotto il qual nieve non era, se non alcuna volta il vento ve ne mandava alquanta, essendovi un poco di paglia, pensò meglio quine stare che altró’: posto che d’ogni lato male stesse, pur quine s’aloggiòe.
Era quella casa del vescovo innella quale dentro vi tenea una gentile giovana nomata Divizia, la quale alcune volte dava al vescovo consolazione. Et essendo, la sera che Castagna era sotto il portico alogiato, venuto il vescovo innel castello per volere con Divizia prendere piacere, avendo a lei fatto asentire la notte con lei volea dormire, subito Divizia fe’ uno bagno aparecchiare acciò che ’l vescovo e lei quine bagnare si potesseno, e fatto onorevilmente da cena di buoni capponi et altre vivande. E mentre che tale aparecchiamento la donna avea fatto, sopravenne al vescovo una léttora poi che la porta del castello fu serrata, che subito il vescovo fuora cavalcasse per certi fatti di grande importanza; per la qual cosa il vescovo, montato a cavallo, fuori uscio et a Divizia mandò a dire che la sera non lo aspettasse ma che altra volta verrè’.
Divizia, che avea aparecchiato il bagno dell’acqua calda e quello che tra le gambe porta, fu malcontenta, dicendo a la fante: «Poi che ’l vescovo non ci viene, almeno il bagno fatto lo vo’ per me usare». E scesa la scala è venuta in bottega dove lo bagno era aparecchiato, là dove era un uscio che Divizia ne teneva le chiavi perché alcuna volta di notte il vescovo quine entrava. E stando in bottega Divizia e la fante, sentendo lamentare Castagna, il quale dicea: «O santo Giuliano, or sono queste le promesse che m’hai fatte? A dire che io abbia oggi auto il mal giorno e stanotte male albergo!»; Divizia, che questo ode, aperse l’uscio, disse alla fante: «Sappi chi è quello che così si lamenta». E preso un lume uscio fuori e vidde il giovano nudo: la fante il domanda, Castagna tutto raconta. La fante a Divizia lo dice. Divizia, che avea veduto il fante entrare dentro et avea sentito dire la rubba, lo misse dentro, e poi alla fante dice: «Poi che ’l vescovo non ci dé stasera venire, et io era molto bene aparecchiata, se ti piacesse questo giovano in iscambio del vescovo stanotte mi goda». La fante dice: «A me pare l’abi a fare».
E subito ditto a Castagna che neuna malanconia abbia ché ben serà di ogni cosa ristorato e fattolo spogliare nudo, Castagna, che bellissimo era e la nieve l’avea fatto molto collorito, <innel bagno intròe>. Divizia, che ha l’occhio alla parte che pensa inghiottire, sta contenta, vedendolo, ch’e’ di buona moneta la potea pagare. E stato alquanto innel bagno, e fattosi venire panni orrevoli lo vestìo; né molto stèro a bada che cenaron di vantagio ad un grandissimo fuoco, e dapoi n’andarono a dormire, là u’ Divizia si diè piacere spessime volte, dicendo: «Omai il nome mio <ha> avuto divizia di quello che le donne desiderano». E venuto il giorno, la donna li fe’ trare què’ panni perché cognosciuti sarebbeno, dandoli di molti denari et alcuna gonnella trista dicendoli: «Quando sarai a Bologna ti veste onorevilemente e comprati ii o in cavalli. E se mai arivi in questi paesi, l’abergo tuo sarà questo». Castagna la ringrazia di tutto che a lui fatto avea.
E messolo per quello sportello, la mattina Castagna per la porta entrò innel castello là u’ trovò il suo famiglio. E sfatta la valige, de’ panni suoi si vestìo. E mentre si vestìa, per lo capitano della montagna di Bologna quelli malandrini ne funno menati presi, col cavallo di Castagna, co’ panni e’ denari. E prima ch’e’ di quine si partisse, li ditti malandrini a un paio di forchi funno apiccati, e a Castagna renduto tutte le suoi cose. E montato a cavallo, fornìo il suo camino, né mai lassò di dire il paternostro di san Giuliano.
Ex.º lxxxii.