Novelle (Sercambi)/Novella LXXXI

Novella LXXXI

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Novella LXXX Novella LXXXII
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LXXXI


Lo preposto udito lo subito rimedio che l’altore prese di quel malandrino traditore, parlando alla brigata che prendano exemplo dalla dilettevole novella e trovando le vivande apparecchiate per desnare, posto che fusse passato nona nondimeno diliberò che in quel bello albergo per lo dì si restasse per non avere a caminare di notte. Comandò che si desni senza suoni o canti, ma che l’altore per ristoro de’ balli e canti una novella ordini fine alla sera che quine denno dormire. L’altore, desnato che ogni persona ebbe, disse:

DE DISHONESTA JUVENA ET EQUALI CORRECTIONE

Di una giovana di Lucca maritata a Pescia: andando a marito l’acompagnanno molti lucchesi giovani; e giunti, una monna Fiorita degli Orlandi mottegiera, in mal più che in bene motteggiando la sposa, li nostri la casticonno piacevilmente.

Al tempo che Lucca signoregiava la Valdinievole fu innella terra di Pescia una giovana delli Orlandi nomata Fiorita e donna di uno terrieri di Pescia nomato Rustico, il quale era sì tiepito che non sapea dire né fare; e la donna sua avea preso tanto palmo che a ogni persona dava il suo motto, e simile al marito, intanto che Rustico non mangiava né bevea che non convenisse mangiare <o bere> a posta della moglie. E sopra tutte le donne di Pescia era mottegiera per la baldanza che preso avea contra lo marito e non curava a chi ella dicesse villania, parendoli poter dire a [p. 353 modifica]fidanza. E tutte le più volte inne’ motti suoi dicea a femmina o uomo: «E’ par che abbi formiche in culo», et altri motti disonesti, non che a femmina maritata m’a ogni fantesca. E più di quattro anni avea prese tal maniere di mottegiare.

E stando per tal modo, un giorno che in Pescia si dovea fare una bella festa, d’uno pesciatino che preso avea una giovana di Lucca della casa de’ Rosimperi, bella, alla qual festa funno invitati molti lucchesi parenti della sposa et alquanti amici che a Pescia colla sposa andar dovesseno. E di Pescia funno omini e donne in abundanzia invitati, fra le quali fue Fiorita mottegiera. Et essendone colla sposa andate brigate a Pescia un giorno di magio, e quine riceuta onorevilemente con quelli omini e giovani di Lucca, fra’ quali era uno giovano studiante in medicina nomato Federigo, giovano da ogni cosa: lui bello schermidore ballatore buono sonatore e cantatore, lui atto a esser colle donne oneste onesto, colle sollaccevoli sollaciero, colle innamorate innamorato, colle mottegiere di motti gran maestro, e così in medicina cognoscea molto la proprietà dell’erbe e le loro vertù; e molte altre cose il ditto Fedrigo sapea exercitare.

E sposati a casa dello sposo con tutte le brigate, la donne pesciatine et altre del paese onorevili la sposa ricevenno allegramente. Monna Fiorita, che quine era, cominciò forte a dire: «E’ non mi pare che la sposa da Lucca abia il culo di quattro pezzi più che le pesciatine». Le donne che quine erano diceno: «Deh, matta, sta cheta, non dire: non vedi tu quanti lucchesi dabene sono venuti con lei? Non fare con loro come se’ usa di fare tra noi che ti cognoschiamo: forsi non tel comporteranno». Fiorita dice: «Deh, andatevi a forbire il culo, e se vi rode vel grattate. Come, non si può dire a questi lucchesi quello che a li altri? Oh, i’ ho già ditto mia intenzione a’ fiorentini et ad altri: come non la direi a’ lucchesi?»; e non restando di dire male, presente la sposa e l’altre donne e presente li omini e’ giovani da Lucca e presente Federigo medico, il quale si pensò che Fiorita fusse qualche matta, a niente rispuose.

E cavatosi li stivali e de’ nuovi panni ognuno fattosi bello, in casa dello sposo entraro, là u’ molto confetto e vino si porse [p. 354 modifica]prima che l’ora del desnare fusse. E confortatosi alquanto, Fiorita di nuovo cominciò a dire: «A me non pare che la sposa abbia il culo di quattro pezzi più di noi perché sia da Lucca, né anco questi lucchesi che con lei sono venuti non sono però più savi che’ nostri: anco mi paiano cotali batanculi, che vedete quanti ne sono venuti dirieto a una che vasterè’ se fusseno ismemorati; che io che sono pesciatina non vorrei che neuno di costoro m’acompagnasse, tanto mi paiano disutili». Le compagne diceano: «Fiorita, tu parli male! Or che puoi tu comprendere de’ loro fatti, come dici?» Fiorita: «Or non li cognosco, che mi paiano matti e non parlano?» Coloro diceno: «A questo puoi comprendere che sono savi, che non vogliano dimostrare male animo di tanta villania quanto hai ditta loro». Fiorita dice: «Anco non ne sono andata, che parrà loro peggio se io ne farò».

Li lucchesi, che tutto odeno, parendo loro ricevere poco onore, dicendo fra loro: «Costei non è matta, ma noi pensiamo — tanto arditamente parla della sposa e di noi — che veramente lei dé esser stata amaestrata di dirci questa villania». Federigo, che tutto ha udito di loro e della sposa (ch’era suo parente), disse a’ compagni: «Lassate fare a me, che io la pagherò di quella moneta che cerca pagare noi». E subito se n’andò a l’orto de’ frati, e come maestro che cognoscea li erbi prese una cipolla squilla, quella ne portò seco e da uno speziale ebbe fior di pietra; et acattato uno moriamolo e’ pestò molto sottile il fior di pietra. E cavato il succhio della cipolla, mescolato ogni cosa insieme, se n’andò a casa dello sposo là u’ trovò la sposa sua parente coll’altre donne in sala, e Fiorita li dava sempre alcuni motti.

E come Federigo fu venuto, Fiorita disse: «O sposa, è questo di quelli saccenti asettaculo che sono venuti da Lucca in tua compagnia?» La sposa cheta. Le donne, che non l’aveano potuta rivolgere che male non dicesse, dissero a Federigo che non l’avesse a male: «Però che la sua usanza è tale che a ogni persona dice villania». Federigo dice: «Madonne, io me la cognovi a l’altra volta che io ci fui, e dìcovi che ogni volta ch’ella mi vede, doppo desnare ella ha sì grande la rabia, che non si fa se non isfregolare il culo e grattarselo; e questo adiviene ogni volta che m’ha veduto. [p. 355 modifica]E pertanto non vi date malinconia e lassatela dire ciò ch’ella vuole». Fiorita, che ode dire che altra volta l’avea veduto, disse: «Giamai non ti viddi!» Fedrigo dice: «Voi dite bene a scusarvi in presenzia ora di costoro, ma ellino se ne acorgeranno bene se voi m’amate quando di rabbia vi gratterete il culo». Fiorita gittandoli un motto disse: «Non lasserò però che io non dica di voi il vero».

Fedrigo chiamò la sposa in camera e disse: «Tu hai veduto quanta villania questa matticiuola ha ditto a te et a noi; e pertanto io la vo’ pagare com’ella è degna; e però vieni qua». E menolla a’ luogo comune dove Fedrigo col succhio della cipolla squilla e col fiore della pietra unse tutto ’l sedere di quel luogo, dicendole che guardasse che quine non si ponesse ella, ma con bel modo Fiorita vi conduca là u’ la faccia stare alquanto: «E se ella dicesse che li ponesse mente quello fusse che prudere la facesse, dille che volentieri, e dimostrandole far servigio prendi questa pezza» — colla quale Federigo avea strizzato la cipolla -— «fregandola forte, e così la lassa». La sposa, che udito s’avea svergognare a Fiorita, disse al parente che tutto farè’.

E venuto l’ora del desnare, desnarono di vantagio, dando sempre Fiorita de’ motti assai dispiacevoli alla sposa et a’ giovani da Lucca. E non valea perché altri la riprendesse, ch’ella facea l’usanza sua. E come ebero desnato, le danze cominciarono; dove Fiorita si riscaldò forte, tra per lo cibo e vino preso e per li balli, che tutta sudava. Fedrigo, che s’era acorto che ella è forte riscaldata, dice alla sposa che meni in camera Fiorita. La sposa, che sa il modo, dice a Fiorita: «O Fiorita, tu dèi sapere il modo della camera, che io vorrei alquanto far mio agio». Fiorita disse: «Andiamo, che anco io n’ho bisogno».

Et entrate sole in camera e chiusa la camera, Fiorita, come balda, subito alzatasi fine alla cintura e postasi per prendere suo agio a sedere a’ luogo comune, là u’ molto vi steo tanto che subito uno prudore grandissimo li venne; dicendo alla sposa: «Deh, guarda se alcuna cosa vi fusse nata al culo». La sposa, avisata, disse: «Alquante bollicine, ma io penso che fregandole con uno pannicello se n’anderanno». Fiorita dice: «Deh, spàcciati!» La [p. 356 modifica]sposa prese il panno che Fedrigo li avea dato, e forte fregando, parendo a Fiorita megliorare, e come alquanto l’ebbe fregato, li stormenti cominciarono a sonare. Fiorita dice: «E’ suona, andiamo a ballare». La sposa subito con Fiorita di camera uscirono.

E preso Fiorita una danza, lo culo li comincia a prudere per tal modo che a ogni passo vi si ponea la mano, e grattavaselo si spesso che ogni donna che quine erano diceano: «Fiorita, e’ par che abbi al culo tal cosa che non puoi sostenere uno passo che la mano vi ti metti». Fiorita dicea: «Io non so quello che m’è intervenuto». E quanto più si grattava tanto più le rodea; e non potendo stare a ballo, in sulle banche si fregolava, intanto che le donne, ricordandosi di quello che Federigo l’avea detto, disseno: «O Fiorita, tu hai stamane inottegiato et ora veggiamo che quello che disse Federigo è vero, che quando lo vedi hai si grande la rabia al culo che non puoi stare in posa». Fiorita, che hae il dolore grande, della <cagione della> rósa non sapendo, stava grattandosi per modo che alcuna volta in presenzia d’altri si mettea la mano sotto i panni credendo per quel modo la rósa mandarne; e niente li valea. E per quel modo tutto il giorno non che potesse mottegiare altri, ma ella non potea mangiare né bere né stare in posa, tanto era la rósa grande: e così steo tutto il dì e la notte apresso.

La mattina avendo simile rósa, Federigo dice alla sposa che dica a Fiorita: «Che se ella vuol guarire io la guarrò». La sposa dice a Fiorita il fatto. Fiorita, che le pare esser vituperata e non credendone mai guarire, disse: «Io farò ciò che vorrà». Federigo richiesto, in camera intrò colla sposa. E Fiorita dolendosi dell’accidente avuto, Federigo fece discostare la sposa alquanto e disse: «O Fiorita, io voglio da te du’ cose se vuoi che io ti guarisca». Fiorita dice: «Chiedi, e questa rabbia mi leva dal culo». Fedrigo dice: «Io voglio prima che alla sposa mai non dichi villania e che la tegni per tua sorella e che ti sia racoinandata; apresso, che mentre che io sto in Pescia, avale o altra volta che io rivenisse, sii contenta che con teco di notte mi goda. Et aciò che tu mantegni la promessa, vo’ che stanotte cominciamo; io ti guarrò né mai tal difetto più non ti verrà». Fiorita dice: «Deh, perché non facciamo noi tal cosa di dì, al presente, acciò che io potesse ballare [p. 357 modifica]e ricoprire la vergogna che ieri e oggi sempre ho?» Federigo, per farla più vituperare, disse: «Questa guarigione non si può fare se non di notte, e però ordina stasera che io sia teco». E datole un bacio. Fiorita tutto promisse. Federigo, la sera fattoli uno unguento, la rabia di fuori le mandò via, e poi le cavò in parte la rabia dentro.

E per questo modo quella che di motti credea vincere fu vinta né mai alla sposa villania disse.

Ex.º lxxxi.