Novelle (Sercambi)/Novella LXXVI

Novella LXXVI

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LXXVI


Venuta l’ora della cena, prendendosi li cantatori per mano, con una canzonetta dicendo in questo modo:

«Un bel giffalco scese alle miei grida,
dell’arie in braccio a piombo giù mi venne
com’amor volse e ’l destro di suo’ penne.
In piè lel missi, e fatto ch’ebbe gorga,
alzò più alto assai che la caduta,
onde giucando il perdei di veduta.
<E> che ritorni non mi dice il core,
che credo che sel tegna altro amatore».

E dipoi se n’andarono dove apparecchiato era, là u’ di vantagio la brigata cenò; e stato alquanto, a dormire n’andarono. E la mattina, al modo usato, fine a terza visitarono li dilettevoli luoghi. E desnato, prese le danze, innel giardino si ridusseno e quine il preposto doppo il desnare comandò a l’altore che una novella dica mentre che si’ l’ora di doversi rinfrescare. L’autore rivoltosi a la brigata disse:


DE VITUPERIO MULIERIS

Di monna Cicogna de’ Guazzalotti di Prato.


Al tempo che re Uberto di Napoli era signore di Prato fu una donna de’ Guazzalotti nomata madonna Cicogna, d’età di anni xxviii e maritata a uno ritagliatore di panni nomato Arrigo. La [p. 333 modifica]qual donna avea questa condizione: che ogni persona vituperava in presenza di donne et omini, e portava tanto alto il naso a guisa come fa l’acino quando digrigna i denti avendo assetato l’orina; così questa monna Cicogna facea, che tutto ’l paese li putiva. E perch’era di buona casa, spesso dalli amici era invitata; essendo a tali feste alcuna volta delli artifici et altre persone, a ognuno dava la sua, e pareali ogni cosa putire, faccendo tanto del fio ch’era uno vituperio a vederla.

E il modo che madonna Cicogna tenea a vergognare altrui si era che a tali feste, come un pannaio se li acostava, ella dicea: «Oh, tu mi puti d’olio»; e torcea il viso col naso insieme. E allo speziale dicea: «Tu mi puti di mostarda». E al merciaio dicea: «Tu mi puti di cuoia». Al calzolaio dicea: «Tu mi puti di merda di cane»; e simile dicea al coiaio. Al notaio dicea: «Tu mi puti di ongosto». Al gentiluomo dicea: «Tu mi puti di povero». E così a ogni persona dicea villania e poghe volte volea con altri a ballo entrare. Et era per Prato tanto sparto la vergogna che monna Cicogna dicea alle persone, che a ogni persona era venuta in dispetto, ma per amor del padre e del marito che erano di buona condizione, più volte li serè’ stato forbito la bocca, ma per loro si lassava. E più volte le fu ditto per donne e per omini ch’ella facea male a dir villania di ognuno. Ella rispondea: «Come non si vergognano, putendo così, apressimarsi? Vadano a stare alla carogna e non mi si acostino».

E vedendo li giovani che non valea niente Tesserli ditto che s’astenesse di non dire loro villania, pensonno più volte di non lassare per lo padre né per lo marito di forbirli la bocca. E vedendo uno giovano speziale che battendola se ne potrè’ venire in nimistà, disse a’ compagni: «O veggiamo se ella se n’è romasa e proviamo a questa festa che si fa domenica, dove noi siamo stati invitati a servire, che ella vi dé essere. Se non ci dice nulla non bisogna che contra di lei si prenda vendetta; e se ella non se n’è romasa, lassate fare a me et io la pagherò per modo che tutti serete contenti. E ’l modo che io terrò a pagarla sarà tale che fi’ vituperata; et allora vel dirò». Li compagni tutti dissero: «Stiamo a vedere quello che a questa festa grande farà monna Cicogna». [p. 334 modifica]

Venuto il giorno della festa, la donna venuta, come se li acostava alcuno, subito dicea: «Và via, tu mi putii» Lo giovano speziale dice: «Io vo’ provare»: e andò presso a lei, dicendo: «Madonna, a qual taula volete esser posta?» Madonna Cicogna 5 disse: «Lèvatemi dinanti che tu mi puti di mostarda!» E torse il volto. Apresso vi viene uno giovano notaio e disse: «Madonna Cicogna, dove volete che noi v’asettiamo a taula?» Ella risponde: «Tu mi infastidi, tanto sai di ongosto!» E così a uno a uno li svergognava. E non valeva niente perché l’altre donne li dicesio sero: «Cicogna, tu fai male a dire villania a’ giovani servidori et ogni persona ti pare che puta: guarda te. E se non li vuoi tu vedere, lassali vedere a l’altre giovane che non puonno esser servite per lo tuo vituperarli». Cicogna disse: «Io vo’ fare a mio modo, e voi fate a vostro».

Ristringendosi li giovani con quello giovano speziale il quale avea ditto che il giorno si provasse, disseno: «Ora sapiàno comprendere costei non doversene mai romanere senza colpo». Disse lo speziale: «Lassate fare a me: io so che domenica che viene mena uno suo fratello moglie, e sapete che noi siamo stati invitati a servire; e so che monna Cicogna ci dé essere capomaestra, però che io sento che si fa alquanti panni. E però allegramente state che io la pagherò per tutte le volte».

Li servidori contenti spettando che <’l> giovano speziale li vendicasse, venuto il lunedì lo speziale ordinò maestrevolmente una vesciga piena con asafetida pesta dentro, e quella fe’ cucire per modo innella gamurla al sarto di monna Cicogna in modo che acorgere non se ne potea, sotto il sedere. Et era fatta per tal modo che quando si fusse posta la persona a sedere, la vesciga pedea e gittava della puzza dell’asafetida; e come si levava, la vesciga si riempia di vento, e come sedea facea il simile; e se cento volte si fusse posta a sedere, tante volte arè’ paruto che pedesse, e sempre spuzzava forte.

Cuscito che fue tal cosa secretamente e venuta la domenica dove monna Cicogna fu con quelli panni, lo speziale giovano disse a’ compagni servidori: «Io andrò a monna Cicogna e quello [p. 335 modifica]farò io fate voi; e vo’ che tutti veggiate il modo che io tegno». Li compagni dissero: «E’ ci piace»; e con lui n’andonno.

Lo speziale, essendo le donne raunate in via e monna Cicogna stava ritta per ricevere le donne, lo giovano speziale dice: «O monna Cicogna, noi vorremmo sapere da voi chi dé stare apresso alla sposa». Et ella dice: «Deh, stà in costà che tu mi puti di mostarda». Lo speziale disse: «Ponetevi a sedere, e noi staremo tanto lungi che la nostra puzza non vi toccherà». Monna Cicogna si puone a sedere a lato alquante donne; e come s’è posta a sedere, la vesciga fe’ il modo del pedere forte con gran puzza, che tutte le donne et omini lo sentirono. Lo speziale disse: «Madonna Cicogna, voi putite per c mila privati»; e turatosi il naso, fe’ vista di partirsi. Le donne dissero: «O Cicogna, che diavole mangiasti iarsera, tanto puti?» Ella dice: «Voi siete state, voi, et ora me la date a me, che m’avete fracido lo stomaco». E levatasi da lato a quelle donne, et a lato ad altre si puose. E come si fu posta a sedere, ella gittò un gran tuono con puzza. Uno de’ giovani dice: «Madonna Cicogna, voi putite tanto che è troppo»; turandosi il naso loro e le giovane che a lato li erano a sedere. Monna Cicogna, che sa che non ha peduto, dava la colpa a l’altre giovane; e partendosi, andava innell’altra banca, e’ giovani amaestrati dallo speziale s’acostavano a lei. E come si volse puonere a sedere, lo culo li pettegiò al modo usato con gran puzza.

E per questo modo in via dalli omini e dalle donne fu svergognata, dicendole tutte che a loro non s’acostasse. Madonna Cicogna, ch’è netta di tal fatto, faccendo del cuor rocca dicea: «Deh, vacche che spuzzate come carogna, e volete dire che io sia quella che tale cosa abia fatto!» Li giovani diceano: «Per certo, madonna Cicogna, voi sete quella che putite sopra tutte le cose puzzolenti».

E stando per questo modo e venuta la sposa e messa in camera, essendovi molte gentildonne e lo speziale e alcuno giovano servidore che andavano per vergognar monna Cicogna, essendo la sposa in su’ letto, monna Cicogna si puose a sedere apresso di lei: lo culo li zampogna con quella puzza. La sposa e l’altre donne mettendosi la mano al naso disseno: «Di vero. Cicogna, tu se’ [p. 336 modifica]fracida dentro». Li giovani disseno: «Ella ci ha atossicati di puzza». Monna Cicogna si leva ritta dicendo: «Deh, vacche, che quello debbo dire di voi, dite di me». E di rabbia si puose a sedere in sulla cassabanca: e fe’ si grande lo schioppo con gran puzza che li omini che di fuora erano disseno: «Fistola tel turi!» Le donne e’ giovani che in camera erano, di puzza si partiron di camera, quasi rivolti li stomachi si fenno regare aceto e lavàrsi le mani la bocca e ’l naso; e simile la sposa di puzza venne quasi meno.

Monna Cicogna disse fra se medesina: «Che vorrà dire questo, che io non fo il male et altri dice che io lo fo?» E levatasi da sedere e venuta in sala, dove le donne e li omini diceno: «Cicogna, o che diavole hai tu in corpo, tanto puti?», ella dice: «In verità io non hoe fatto niente, e tal puzza non viene da me». E dato l’acqua alle mani e poste le donne a taula — li servidori atenti a monna Cicogna per vergognarla— , e posto tutte le taule delli omini e delle donne salvo monna Cicogna che in piè d’una delle taule fu asettata; e come si puose a sedere pedéo sì forte che tutti quelli ch’erano a taula, omini e donne, sentiron lo suono e la puzza. Dicendo li giovani servidori: «Ora potete comprendere monna Cicogna esser fracida», le donne che a lato l’erano disseno: «O tu ti parte o noi non vogliamo stare a ricevere tale puzza».

La sposa e suo fratello per non conturbare il convito disseno a Cicogna che andasse a stare in camera, poi ch’ella sì putìa. Cicogna Svergognata si partìo da taula e malinconosa se ne va in camera. E come si puone a sedere, la vesciga pedé con gran puzza. Ella disse: «Or che vorrà dire questo? Ora veggo che io son quella che puto». E non sapendo che farsi, stava malanconosa; essendosi più volte levata da sedere e posta, e sempre il culo li pedea con quella puzza. Lo giovano speziale, che tutto sa, entrò in camera e disse: «Madonna Cicogna, io cognosco il male che avete, e di vero se non prendete rimedio, voi sete a condizione di morte. Ma se volete che io di tal malatia vi guarisca, voi mi prometterete che tutti li panni che ora avete a dosso mi darete, et io vi guarrò. Et anco voglio che mai a me né ad altro giovano non direte più che putano, altramente la vita vostra sarà corta e mentre che viverete, a noi et ad altri puzzerete per modo che [p. 337 modifica]neuno vi si vorrà acostare». Monna Cicogna dice che è contenta di darli tutti i panni, ma che lo giorno non potea, ma ella liel darà la mattina rivenente. Lo giovano speziale fu contento et andòne in sala.

Monna Cicogna lo giorno malinconosa non apparìo là u’ persona fusse; la notte spogliatasi di tutti i vestimenti, la mattina allo speziale li mandò, e lui mandò a lei uno poco di lattovare che prendesse. E preso, mai tal puzza non sentìo, e lo speziale quelle robbe si godéo, né ella mai villania ad altri disse.

Ex.º lxxvi.