Novelle (Sercambi)/Novella CVI

Novella CVI

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CVI


I>l proposto e la brigata giunseno a Gobbio, dove si denno piacere fine alla mattina che levati furono, dove il proposto comandò a l’altore che una novella dica fine <che> giunti seranno in Orbino. Lui, ch’è atto a ubidire, disse: «A voi, giovani pogo pratichi del mondo, li quali per lo pogo senno portate grandi pericoli, ad exemplo dirò una novella fine che giunti saremo a Urbino». Incominciando in questo modo:

DE LONGO INGANNO

Al tempo di messer Johanni dell’Agnello signore di Pisa si funno ii anconetani arcatori.

N>el tempo che messer Johanni dell’Agnello fu signore di Pisa, du’ marchiani nati della terra d’Ancona (li nomi non metto perché spesse volte si fanno chiamare a uno modo e poi a un altro, ma ben dico l’uno esser giovano, l’altro di lxx anni vecchio) si mossero d’Ancona per ingannare e rubare, et innelle parti di Toscana preseno loro camino; e prima che giunseno in quello di Firenza più e più persone con loro malizia ingannonno. Avenne che, essendo ellino in Firenza dove compronno alcuna mercantia fra le quali fu una bella scarsella et una cintora di cuoio, con tali di Firenza si partirono venendo verso Pistoia.

Era, in quel giorno che i preditti giunsero in Pistoia, venuto uno giovano pistorese abitante in Pisa con Simone Benedetti speziale, nomato Lemmo, il quale da Pisa s’era mosso e, caminato verso Saminiato et a Firenza et a Prato, è venuto a Pistoia per [p. 464 modifica]ricogliere denari per lo suo maestro. E perché era assai simplici, essendo a una bottega di speziale dove quelli du’ marchiani erano, il preditto Lemmo cavando fuora li denari ricolti innomerandoli, per quelli du’ funno veduti. Et investicato della via che ’l ditto Lemmo far dovea, seppeno la sua via esser verso Lucca; di che il preditto vecchio e ’l giovano marchiano di Pistoia uscirono, dando loro ordine come innella novella sentirete.

Il giovano marchiano si partìo e camino verso Seravalle, che altre volte per simile mestieri v’era stato, e quel vecchio si fermò a l’oste di fuori di Pistoia aspettando Lemmo con una canna in mano. E non molto tempo dimorò che Lemmo da Pistoia a piè uscìo. E venuto presso a l’oste dove trovò quel vecchio dicendoli dove fusse il suo camino, Lemmo, ch’è giovano di tutte cose, disse: «Verso Lucca»; a cui il vecchio disse: «Io hoe a venire verso Lucca e non potrei aver migliore compagnia che la tua, però che tu mi pari persona da bene e teco non potrò male arivare». Lemmo, che li pare aver trovato buona ventura, allegramente disse: «A me piace la vostra compagnia, ché potremo andare a nostro bell’agio».

E fattosi dare bere a la taverna, caminarono verso Seravalle, andando questo vecchio di parola in parola scalzandolo del mestieri che facea e come era amato dal suo maestro. E tante buone cose l’insegnava, che Lemmo tutto s’apicò a dirli i modi la via i denari ricolti avea e come a dosso li portava verso Pisa, ma che prima li convenla esser a Lucca dove riceverè’ molti denari. Lo vecchio dice: «Io t’acompagnerò fine a Pisa, poi che a Lucca rimaner non dèi». E con queste e simili parole funno giunti al mezzo il poggio di Serravalle, dove per una via che atraversava a quelle vigne e terre, lo giovano marchiano di sopra ditto venìa mormorando e biastimando, tanto che giunto fu dove era Lemmo e quello vecchio.

E vedendolo, quel vecchio: «Deh, giovano, ché vai così lamentandoti? Sarè’ti stato fatto alcuno oltragio? Dìcelo che noi ci guarderemo». Lo giovano marchiano dice: «Uno villano lavoratore mi domandava se io questa cintra e scarsella volesse vendere, et io dicendoli di sìe m’ha proferto ii grossi, che mi gostò [p. 465 modifica]xiiii in Firenze; e per questo mi sono tanto corucciato». Lo vecchio dice: «Tu fai male; come, non è licito altrui proferire quello vuole? Già non te l’ha elli tolta». Lo giovano disse: «Io non me ne posso dar pace, a dire che quel villano me n’abia proferto du’ grossi». Lo vecchio dice: «Deh, mostramela a me; forsi, se me ne vorrai far piacere, io la compero per uno mio nipote che sta a Lucca. E piacendomi, che ne vuoi?» Lo giovano dice: «Io ne vo’ almeno xii grossi fiorentini». Il vecchio dice: «Ora non mi corruccio io che t’odo dire tanto gran pregio; ma io ti vo’ dare iiii grossi». Lo giovano dice: «Deh, vecchio marcio, non ti vergogni, che dèi sapere del mondo quanto un altro? Che pensi, che questa scarsella e questa cintra non debia gostare quello te n’ho chiesto?» Lo vecchio dice: «Chi non domanda la buona derrata non la trova; però se me la vuoi dare per iiii grossi io la prenderò». Lo giovano marchiano iroso disse: «Io la giocherei innanti che io la vendessi». Lo vecchio disse: «Io non so giocare a neuno giuoco». Lo giovano dice: «E tu ti fà fare il giuoco al compagno tuo». Lo vecchio rivolto a Lemmo dice: «Sai cognoscere li punti de’ dadi?» Lemmo dice: «Sì, ma io non so giocare». Il vecchio dice: «Or vegiamo a che giuoco vorrè’ costui giocare».

E dimandato il giovano marchiano se lui avea dadi, lui disse di no. Lo vecchio, mettendosi la mano in uno carnieri, disse: «Stamane essendo a una taverna, un dado mi percosse la mano et io lo colsi et innel carnieri mel missi». E trattolo fuori: «Omai con questo dado mi dì a che modo la scarsella giocar vuoi». Lo giovano dice: «A chiedere al punto: io chieggo vi». Lo vecchio dice: «Et io anco vo’ sei». Lo giovano dice: «Io sono contento». Lo vecchio dice: «Or come può esser vi ii volte in uno dado?» Lo giovano come sciocco dicea: «Io arò vi e tu arai 3, 2, 1, che fa sei; et a questo modo potremo giocare». Lo vecchio disse: «Tu mi pari un beccarino; io non vorrei esser ingannato: dimmi un’altra volta quello che io avere debbo». Lo giovano dice: «Tu abbi 3, 2, 1, et io vo’ 6». Lo vecchio dice: «Or se viene 10203 arò vanto?» Lo giovano dice: «Sì, qualunqua di quelli 3 punti viene arai vinto». Lo vecchio dice a Lemmo: «Costui mi pare una bestia, a dire che mi dia 3 punti e lui n’abia uno; che te ne [p. 466 modifica]pare?» Dice Lemmo: «Di vero voi avete gran vantagio di non poter mai perdere». Lo vecchio dice: «Parti che io abia a giocare quella scarsella con lui a questo modo?» Lemmo dice di sì. Lo vecchio cavò fuori iiii grossi e disse al giovano marchiano: «Io sono contento com’hai ditto».

E messo a uno grosso, dicendo: «Sei»; lo giovano gittando, gittò 3. Il vecchio disse: «I’ ho vinto». Lo giovano disse: «Tu <vinto> m’hai uno grosso». E preso il vecchio il dado, lo giovano dice: «vi a tre grossi». Lo vecchio gittò e venne asso e disse: «I’ ho vinto»; e prese la scarsella e la cintra. Il giovano trasse fuori una menata di grossi dicendo: «Poi che giocato ho la scarsella, avale giocherò de’ denari». Lo vecchio disse: «Questi iiii grossi vo’ perdere»; e dice a Lemmo: «Fammi il giuoco, che non m’inganni». Lemmo disse: «Faite pur bene».

E giocando, in poghe volte lo vecchio ebbe vinto al giovano più di c grossi fiorentini. Lo giovano trasse fuori una gran pugnata di fiorini nuovi di zecca, dicendo: «Io arò oggi il mal dì o io rivincerò la mia scarsella et i grossi perduti!» Lo vecchio disse: «Tu me <reghi> paura, io non vo’ più giocare». Lemmo dice: «Per certo voi avete gran vantagio». Il vecchio, tiratosi da parte con Lemmo, disse: «Vogliamo vincere a costui quelli denari e de li altri e facciamo a parte?» Lemmo, che li par avere gran vantagio e non sa niente dell’ordine dato tra loro, disse: «Giochiamo xx fiorini per uno».

E tratto Lemmo fiorini xx, il vecchio altretanti, giocando e mettendo uno o ii fiorini alla volta il vecchio vincea. E dipoi quel giovano, come di rabbia pieno, mettea xx e xxv fiorini al tratto. Lo vecchio gittava dicendo: «Questa posta è buona»; et avea mutato dado e gittava vi, e quello che in x poste vinto avea, du’ tanti ne perdea in una.

E per questo modo trasseno di mano a Lemmo fiorini lxxx; e più ne li arebbeno tratti se non che lui disse: «Io potrei rimaner diserto».

Lo giovano marchiano si ritorna per quella via d’onde a loro venuto era, girando il monte per trovarsi alla Pieve a Nievole. Lo vecchio con Lemmo montano la saglita, mostrando [p. 467 modifica]malanconoso, dicendo: «Doh, Lemmo, credi che la fortuna ci abia <mal> condutto? A dire che tutte le poste grosse mai non ne potemmo una vincere, u’ mettendovi delle piccole, per una xx di lui <vincemmo>. Che per certo se noi avessimo auto a giocare più, io arei sempre messo le poste comuni, e così arei fatto patto con lui». Lemmo dice: «Di vero se elli avesse gittato quando tali poste sì mettemmo, io arei stimato ci avesse messo mal dado».

E così ragionando funno a li arberghi della Pieve a Nieule, là dove il vecchio disse a Lemmo che per la sera partir non si volea. Lemmo, che ha malanconia grande, lo racomanda a Dio.

E dilungatosi alquanto li venne a Lemmo pensieri che coloro non fusseno compagni: e rivoltatosi adirieto, vidde dalla lunga il giovano che verso la tanina n’andava e vidde il vecchio che verso lui in camera li andava. Datosi la via tra’ piè quanto potéo, al Borgo a Buggiano giunse; e messe la scarsella e la cintra, dove avea il resto de’ denari, in bottega di uno speziale et a lui fattosi prestare una lancia, per ritrovare coloro che rubato l’aveano si mosse et alla Pieve a Nievole giunse. E non trovandovi quelli che rubato l’aveano, malanconoso al Borgo si ritornò, non dicendo a persona quello che intervenuto li era.

E dormito innel Borgo la notte e la mattina partendosi, vidde verso Pescia venire alquanti a cavallo: pensò volere i denari perduti <racquistare> e quelli che avanzati li erano soccelare. E messosi i denari in seno, con uno coltello la scarsella cigliatasi, gridando: «Accur’uomo!», voltorandosi tra la polvere, gridando forte; quelli da cavallo, tra’ quali era il vicario di Pescia, tratti alle grida, trovonno Lemmo in terra gridando. Domandandolo perché gridava, lui disse che du’ persone l’aveano rubato più di cl fiorini, dando i segni, dicendo: «Uno vecchio di tale fazione et uno giovano di tale sono stati quelli che rubato m’hanno; e sonsi partiti e per questa via si sono fuggiti».

La famiglia del vicario e ’l vicario in persona cercarono tutta quella cerbaia e niente trovonno. E preso Lemmo, doppo molte examinazioni confessò il modo del giuoco e perché tal grida fatte avea. E condutto a Pescia, dove il vicario li volea fare tagliare [p. 468 modifica]la mano, ma perché in Pescia erano alquanti amici e cognoscenti di Simone Benedetti ispeziale di Pisa, chiesero terme fine che Simone o altri venisse. E notificato a Simone la presura di Lemmo et il perché, subito per rispetto della patria et anco perché suo garzone era e perché perdere non si potea con lui < . . . . . . > quella mano si li campasse. E con léttore di ricomandigie e preghiere a bocca fate al vicario, la mano se li campò con pagare fiorini l di condannagione.

E per questo modo gittò Lemmo il manico dirieto alla scura io per lo suo pogo senno.

Ex.º cvi.