Notizia intorno a Didimo Chierico/XIII
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Insomma pareva uomo che essendosi in gioventù lasciato governare dall’indole sua naturale, s’accomodasse, ma senza fidarsene, alla prudenza mondana. E forse aveva più amore che stima per gli uomini, però non era orgoglioso nè umile. Parea verecondo, perchè non era nè ricco nè povero. Forse non era avido nè ambizioso, perciò parea libero. Quanto all’ingegno, non credo che la natura l’avesse moltissimo prediletto, nè poco. Ma l’aveva temprato in guisa da non potersi imbevere degli altrui insegnamenti; e quel tanto che produceva da sè, aveva certa novità che allettava, e la primitiva ruvidezza che offende. Quindi derivava in esso per avventura quell’esprimere in modo tutto suo le cose comuni; e la propensione di censurare i metodi delle nostre scuole. Inoltre sembravami, ch’egli sentisse non so qual dissonanza nell’armonia delle cose del mondo: non però lo diceva. Dalla sua operetta greca si desume quanto meritatamente egli si vergognasse della sua querula intolleranza. Ma pareva, quando io lo vidi, più disingannato che rinsavito; e che senza dar noja agli altri, se ne andasse quietissimo e sicuro di sè medesimo per la sua strada, e sostandosi spesso, quasi avesse più a cuore di non deviare, che di toccare la meta. Queste ad ogni modo sono tutte mie congetture.