XXXI

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XXX Giudizi della stampa

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XXXI.

Fuori, fuori.... libera, nel buio, nella nebbia.... Fuori a cercare aiuto e salvezza per Leslie!

Come una freccia, come un razzo, Myosotis si lanciò per le vie deserte e silenziose, tremando di essere inseguita, credendo ad ogni istante di sentirsi afferrata, fermata, trascinata indietro....

Giù per una via, su per un’altra, ansando, tremando, barcollando, coi denti che le battevano, col sangue che le rombava nelle orecchie.... via!.... via, a cercare soccorso, soccorso per Leslie.

Ma una strada dopo l’altra era buia e deserta, una piazza come l’altra era nebulosa e silente in quel quartiere remoto ed eccentrico di Londra. Grigio su grigio, ombra su ombra, tutto svaniva e si dissolveva in un fosco e opaco lividore. [p. 214 modifica]

Allora Myosotis gridò, chiamò, strillò. Il suo terrore la rendeva afona: la nebbia avviluppava e smorzava la sua voce come una coltre di flanella umida e densa.

Come talvolta in sogno aveva voluto gridare senza poter emettere un suono, così ora non erano più che gemiti e rantoli, fievoli e fiochi, che le uscivano dalla gola.... E nessuno l’udiva, nessuno rispondeva. Una frenesia di terrore la assalì.

Eppure questa era una città, questi muri intorno a lei, chiusi e bui, erano case, case piene di gente....

Si volse e cercò una porta — la prima che trovò, e vi battè con deboli pugni, e poi coi piedi, e ancora coi pugni....

— Aiuto! aiuto! aiuto!

Un passo, lento, cadenzato e pesante; lo sprazzo abbagliante di una lampadina elettrica: era un policeman.

Myosotis si appoggiò al muro per non cadere in deliquio.

— Cosa c’è? Cosa fate? — fece lui in tono burbero, illuminando dalla testa ai piedi la figura scarmigliata.

— Venite! venite.... — balbettò lei, — per [p. 215 modifica] amor di Dio.... — e gli si aggrappò alla manica. — Venite!

— Dove? — chiese il policeman con grave imperturbabilità.

— Di qui!... di qui!... — E visto la impossibilità di trascinarselo seco, lo precedette, correndo, per la strada donde era venuta.

— Che cosa accade? — chiese lui, camminando lento, ma con passi così lunghi che teneva dietro a lei che correva.

— Mia sorella.... mio Dio!... mia sorella....

— Morta? — chiese il policeman.

— No.... no! — gridò Myosotis, ansimando e singhiozzando; — è chiusa in una casa.... non so.... non so cosa le facciano.... Non ha che quindici anni....

— Ho capito, — fece laconico il policeman.

Volsero l’angolo e si trovarono in un’altra piazza con un giardino nel centro.

Myosotis si fermò titubante. — Di qua!... No! no.... di qua!

E volse correndo a destra.

Il policeman la seguì col suo passo lento e lungo. Il suo occhio percorreva le facciate buie delle case che guardavano colle spente finestre la piazza. [p. 216 modifica]

— Granville Square, — disse. — È qui?

— No!... No!... — gridò Myosotis, — deve essere giù di là.... — E si lanciò a sinistra. — Ecco.... sì, sì! Sono passata di qui.... mi ricordo!

Giunta all’angolo si guardò intorno smarrita. — Ho sbagliato, — ansò; — dovevo voltare a destra!...

— Ma in che strada è? — chiese il policeman, fermandosi.

— Non vi fermate, non vi fermate! — pianse Myosotis. — Non so in che strada sia.... ma la troverò.... la troverò!

Giù per un altro svolto; ed ecco un’altra piazza, un altro giardino, un altro quadrato di case oscure e silenziose.

— Gledhow Place, — enunciò il policeman.

Ma non era qui; no! Era ancora più in là, molto più in là....

Il policeman la seguì di qua e di là, da una strada all’altra, da una piazza all’altra, tutte identiche, tutte deserte, tutte acquattate nella nebbia, oscure e silenziose.

E di nuovo l’uomo si fermò.

Intorno a loro si chiudeva più fosca, più densa, più tenebrosa la nebbia sulla enorme città silenziosa. [p. 217 modifica]

— Conoscete il nome della gente che sta in quella casa?

— Sì! sì! È una signora.... Lady Randolph Grey.

L’uomo ripetè titolo e nome, e sogghignò, incredulo.

— È bionda.... alta.... ha un automobile verde scuro....

Il policeman scosse le spalle. — Ma insomma, come ci siete andate in quella casa? Non avete l’indirizzo scritto?

Sì, sì! Myosotis l’aveva.... cioè, non l’aveva.... ma se lo ricordava. Argyle Square, numero 32.

— Ma quello è nel centro della City, — disse il policeman. — A dieci chilometri di qui.

E si tolse di tasca una piccola guida e la sfogliò alla luce della sua lanterna.

— Argyle Square.... Argyle Square.... numero 32. Eccolo. — Poi alzò gli occhi e guardò Myosotis. — È un ufficio postale.

— Mio Dio! Mio Dio! Mio Dio!... — gridò Myosotis. — Facciamo presto! facciamo presto!.... Bisogna trovare quella casa! trovare quella casa!... [p. 218 modifica]

Più nera, più fosca, più profonda scese la nebbia sull’enorme città, nefanda e misteriosa.

E avanti ancora, di piazza in piazza, di strada in strada.... poi in un posto di polizia.... e poi, con altri policemen, di piazza in piazza, di strada in strada....

· · · · · · · · · · ·


Albeggiava.


Quella casa non fu ritrovata.

fine