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214 | Naja Tripudians |
Allora Myosotis gridò, chiamò, strillò. Il suo terrore la rendeva afona: la nebbia avviluppava e smorzava la sua voce come una coltre di flanella umida e densa.
Come talvolta in sogno aveva voluto gridare senza poter emettere un suono, così ora non erano più che gemiti e rantoli, fievoli e fiochi, che le uscivano dalla gola.... E nessuno l’udiva, nessuno rispondeva. Una frenesia di terrore la assalì.
Eppure questa era una città, questi muri intorno a lei, chiusi e bui, erano case, case piene di gente....
Si volse e cercò una porta — la prima che trovò, e vi battè con deboli pugni, e poi coi piedi, e ancora coi pugni....
— Aiuto! aiuto! aiuto!
Un passo, lento, cadenzato e pesante; lo sprazzo abbagliante di una lampadina elettrica: era un policeman.
Myosotis si appoggiò al muro per non cadere in deliquio.
— Cosa c’è? Cosa fate? — fece lui in tono burbero, illuminando dalla testa ai piedi la figura scarmigliata.
— Venite! venite.... — balbettò lei, — per